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Per Michele Placido, regista e autore di «L'ombra di Caravaggio», presentato ieri alla Festa del cinema di Roma, Michelangelo Merisi, al centro della sua opera, «se fosse vissuto nei nostri giorni si schiererebbe dalla parte dei più poveri, scegliendo di fare il reporter di guerra per cogliere l'attimo del presente». Per Placido, Caravaggio è «un Pasolini del XVI secolo calato dal Nord a Roma. È stato un artista rivoluzionario che scelse di stare dalla parte degli ultimi». Per Riccardo Scamarcio, che lo interpreta, è «come Elvis Presley, e un po' come me. Era un ragazzo di provincia sbarcato nella capitale spinto dalla sua energia, dal talento, da quella febbre che mi riconosco anch'io e che ho cercato di trasmettere al mio personaggio».
La Roma, e la Napoli, del Seicento scorrono sullo schermo tra i riti del carnevale, gli scandali, il sangue, gli intrighi, l'inquisizione. Brillano nell'oscurità i quadri illuminati dal buio con prostitute e malfattori che prestano il volto ai santi: «L'ombra di Caravaggio» è un progetto covato per oltre 50 anni, «fin dai tempi in cui manifestavo contro la guerra in Vietnam, avevo come mito Che Guevara e sognavo di mettere in scena un testo teatrale in cui Caravaggio incontra Giordano Bruno», rivela Placido.
Girato a dispetto della pandemia, il film è una coproduzione italo-francese, nel cast anche Isabelle Huppert, sua figlia Lolita Chammah, Louis Garrel, Micaela Ramazzotti, Vinicio Marchioni. Il regista veste i panni del cardinal Del Monte, estimatore e committente del pittore.
La storia - siamo nel 1600 - si concentra sugli ultimi anni di vita del pittore, quando si rifugia a Napoli per sfuggire alla sentenza di condanna a morte dopo aver commesso un omicidio a Roma.
«Non volevo limitarmi a parlare dell'estetica caravaggesca», riflette il regista, «mi interessava piuttosto raccontare la prima popstar della storia». «Allora», interviene Scamarcio, «la pittura era la principale forma di showbusiness».
La curia romana ha negato la possibilità di girare nelle chiese in cui i capolavori dell'artista sono custoditi, «costringendoci ad andare a Napoli dove ci hanno spalancato le porte», si accalora Placido. Ecco, allora, sul grande schermo, Santa Maria la Nova, Santa Maria del Purgatorio ad Arco, Donnaregina e i Santi Severino e Sossio, ma «travestite» da chiese romane, Napoli non si vede, ha fatto solo da «studio», da set, Castel dell'Ovo a parte. I veri protagonisti del film però sono i dipinti di Caravaggio che tracciano le scene e la sceneggiatura, dalla «Testa di Medusa», alla «Conversione di San Paolo», dalla «Crocifissione di San Pietro» all'«Amor vincit omnia», duplicati con tecniche sofisticate in grado di riprodurre il caratteristico chiaroscuro caravaggesco. Placido sceglie di non inquadrare quasi mai Caravaggio nell'atto di dipingere, ma predilige il momento della mise en scène, della costruzione dell'immagine come fosse una scena teatrale, riconoscendo nello sguardo del pittore quello di un regista.
Il film, prodotto da Goldenart Production con Rai Cinema, arriverà al cinema il 3 novembre distribuito da 01. La colonna sonora è degli Oragravity, duo formato dal napoletano Umberto Iervolino e da Federica Luna Vincenti.
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