Il colpo d’occhio è straniante: sul palco c’è un ragazzo a torso nudo stile Iggy Pop (ho detto stile, andiamoci piano) che urla stile David Johansen (ho...
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E allora, chi sono questi Maneskin, secondi classificati all’ultimo «X Factor» dietro l’incolore Licitra, quartetto sull’orlo della maggiore età che è piaciuto anche a certa critica? La scaletta riassume quanto proposto nel talent show e si apre con «Let’s get it started» dei Black Eyes Peas: Damiano (David) ha voce (anche se la perde per strada) e phisique du role, Victoria (De Angelis) al basso solletica il testosterone dei (pochi) maschietti, Thomas «er cobra» (soprannome di origine hot, dice la leggenda) Raggi non è un guitar hero, Ethan Torchio pesta sulla batteria provando a non perdere il tempo quando i compagni complottano contro di lui.
Il repertorio originale, inevitabilmente, non è all’altezza delle cover: «Master blaster» di Stevie Wonder, addirittura «Gimme shelter» degli Stones, «Gangsta’s paradise» di Coolio, «Beggin’» di Frankie Valli, «Somebody told me» dei Killers, «Un temporale» di Ghemon, «Vengo dalla luna» di Caparezza, ma «Chosen» funzionicchia, ha un buon gancio alla Rhcp. Damiano usa nuance funky e reggae, è animalesco ma con poca naturalezza, si sbatte come da coreografia prevista, sino alla lap dance finale al palo, puro sex appeal dell’inorganico.
Sì, ma insomma ‘sti Maneskin? L’attitudine c’è, un album dirà presto se diventeranno qualcosa più di una cover band da bar. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino