Maria Agresta è Anna Bolena al Teatro San Carlo di Napoli: «Femminicidi all'opera»

«Ho cantato senza orchestra solo per rispetto del pubblico, perché non tornasse a casa»

Maria Agresta è Anna Bolena
C'è la piccola Elisabetta con una bambola tra le braccia che compare in vari momenti, c'è l'ancella fedele che diventa rivale e c'è lei, la...

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C'è la piccola Elisabetta con una bambola tra le braccia che compare in vari momenti, c'è l'ancella fedele che diventa rivale e c'è lei, la protagonista, che capisce di aver perduto l'amore e conquistato una corona portatrice di dolore e sventura. È una storia di donne, l'«Anna Bolena» che il San Carlo propone da stasera (ore 20) e per altre tre repliche fino al 17 con l'esperto di Donizetti Riccardo Frizza sul podio. Sullo sfondo dell'Enrico VIII di Alexander Vinogradov e del Percy di René Barbera in scena dominano le donne. A partire da Maria Agresta che affronta il ruolo del titolo affiancata dalla Giovanna Seymour del mezzosoprano bresciano Annalisa Stroppa pronta al ritorno a Napoli con gioia: «Cantare in questo teatro è una immersione nella bellezza», dice: «Giovanna è stato il mio primo ruolo donizettiano quindi ci sono molto affezionata, la vedo come tormentata da un eterno dilemma, la fedeltà alla sua sovrana o l'amore per Enrico. E dilaniata dal rimorso perché sa che Anna sarà mandata al patibolo, non è una donna assetata di potere».

In questo contesto le donne dominano anche fuori dalla scena. Come la regista olandese Jetske Mijnssen che firma questo allestimento nato lo scorso anno alla Dutch National Opera, poi visto al Palau de les Arts Reina Sofia di Valencia e ora approdato a Napoli dove viene dedicato a un'altra donna, la regina della lirica Maria Callas che interpretò l'opera di Donizetti alla Scala nel 57, nei cent'anni dalla nascita. «Sì, era un omaggio doveroso», dice il soprano di Vallo della Lucania, «la Callas è sempre un punto di riferimento, da piccola ascoltavo i suoi dischi. Ma in tutto lo spettacolo c'è uno sguardo femminile anche molto attuale». 

In che senso, signora Agresta?
«Beh penso a quello che succede a tante donne vittime della violenza del loro compagno. Certe cose non si potevano accettare nell'Inghilterra di Enrico VIII, ma a volte leggendo i giornali adesso sembra peggio perché non è cambiato nulla...».

Ricordiamo la storia: Enrico ripudia la moglie Caterina d'Aragona per sposare la Bolena che gli dà solo una figlia, Elisabetta, e non maschi. Poi s'invaghisce della Seymour, fa accusare la Bolena di tradimento e la manda al patibolo.
«Io credo che Anna amasse davvero Enrico. La sua è una vicenda molto triste. Rinuncia all'amore di Percy sposando il re e purtroppo non riesce a dargli il tanto agognato erede maschio. Le tocca una sorte atroce e di una ferocia che lascia l'amaro in bocca».

E lei come la interpreta?
«Tecnicamente è un impegno vocale molto gravoso. Penso però che mai come in questo caso è l'aspetto psicologico della donna a prendere il sopravvento nella interpretazione. Anna è una donna che appare di una grandezza d'animo inaspettata quando nel duetto con Giovanna fa capire di non vederla come una rivale. Insomma, rispetta l'altra con grande dignità morale e intellettuale. E accusa lui, Enrico, che per lei ha creato una "corona di spine"».

Per restare nel femminile, nella regia della Mijnssen compare anche la piccola Elisabetta.
«Ci sono pochi elementi scenici, molto scarni che danno il senso dell'oppressione di cui è vittima la Bolena. E ci sono costumi d'epoca essenziali e molto belli che esaltano il contesto, tutto è molto funzionale al testo».

Lei aveva debuttato nel ruolo nel 2019 a Roma.
«E anche allora c'era Frizza sul podio, una garanzia. Vorrei che in futuro diventasse uno dei miei ruoli più richiesti, ma sono felice di presentarlo a Napoli perché, come si sa, in questo teatro è iniziato il mio sogno di diventare una cantante lirica. Ci tornerò l'anno prossimo con il Verdi dei Vespri».

Nei giorni scorsi lei è anche stata protagonista di un concerto mentre il coro era in sciopero, il sovrintendente Lissner è stato «pensionato» per decreto, il teatro è senza guida.


«Quella sera ho cantato per rispetto del pubblico, perché non tornasse a casa. Come campana sono molto dispiaciuta del caos in cui il teatro si trova in questi giorni. Io non posso che fare il mio mestiere e dare il mio contributo al bene del San Carlo con la mia voce. Non conosco bene la situazione quindi non esprimo giudizi, dico solo che il teatro e dunque l'arte, come la scuola e la sanità non dovrebbero subire ingerenze politiche».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino