VENEZIA - Alfonso Cuaròn incanta con il personale e nostalgico amarcord di «Roma», Yorgos Lanthimos diverte con gli intrighi di corte di «The...
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Cuaròn racconta con il ritmo avvolgente del quotidiano e con le sfumature iperrealiste di un morbido bianco e nero la vita di una famiglia borghese, la sua, in un quartiere bene di Città del Messico, Roma appunto, negli anni Settanta del secolo scorso. Anni che rivoluzionarono i costumi, travolsero le divisioni in classi, cambiarono il mondo. Spiega: «Nel Dna del film ci sono tre elementi, mai messi in discussione: la figura di Cleo, la bambinaia che consideravo una seconda mamma, il bianco e nero - ma dinamico, contemporaneo, tecnologico - e la memoria. Quando ricostruisci il passato rifacendo la casa dell'infanzia così com'era, ripescando al 70 per cento i mobili originali, rimettendo insieme la famiglia e la cerchia degli amici, è chiaro che nella testa e nel cuore scattano dinamiche inaspettate. Ho lavorato sui ricordi come un osservatore esterno, senza giudicare, ho lasciato che i dialoghi fossero istintivi, le attrici e gli attori ragazzini non hanno mai letto la sceneggiatura per intero. Il racconto fluiva sul set come nella vita vera». È sorprendente, infatti, la capacità del film di coinvolgere lo spettatore nella storia, commoventi le emozioni delle due donne protagoniste, la moglie borghese abbandonata da un marito fedifrago e la giovane domestica mixteca sedotta e abbandonata da un fidanzato mascalzone. E se «Roma» dovesse colpire al cuore i giurati almeno quanto ha entusiasmato la stampa, per la prima volta nella storia dei festival un premio importante andrebbe a un film prodotto da Netflix. Preoccupato, il regista, dalle polemiche sulla piattaforma digitale? «No, affatto. Innanzitutto Roma uscirà anche nelle sale e chi vorrà potrà vederlo, a dicembre, sul grande schermo. E poi non dobbiamo nasconderci le difficoltà che incontra nella distribuzione un cinema come questo, in bianco e nero, di nicchia. Sono grato a Netflix per averci sostenuto. Non capisco la battaglia contro lo streaming. Tanta gente non ha la possibilità o il tempo per andare al cinema, le piattaforme offrono un servizio alternativo, che male c'è?».
Emma Stone, una delle bravissime protagoniste di «The Favourite» con Rachel Weisz e Olivia Colman, ha ricomposto a distanza di un giorno con Ryan Gosling la coppia glamour di «La La Land». I colpi bassi, gli intrighi, le gelosie raccontate dal film di Lanthimos, dice, non sono poi così diversi da quelli che si vivono a Hollywood. «Certo, c'è tanta rivalità, ma lo spirito competitivo non è una prerogativa del cinema, tutti i settori ne fanno le spese». Nel film si contende con Weisz i favori pubblici e privati della regina Anna Stuart, capricciosa, infantile, fragile. Le scene di sesso lesbico? «Non abbiamo inventato niente, si è sempre fatto così». Che ne dice Lanthimos? «Dico che abbiamo voluto raccontare la complessità delle donne. Molto spesso lo sguardo maschile le rappresenta come oggetto del desiderio o subalterne al potere. Ma le cose sono più complicate. E più affascinanti». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino