«Noi», Lino Guanciale torna in tv aspettando Ricciardi: «Sono il papà che tutti vorrebbero avere»

«Noi», Lino Guanciale torna in tv aspettando Ricciardi: «Sono il papà che tutti vorrebbero avere»
Dopo anni di successo internazionale, la serie culto americana «This is us» viene italianizzata e diventata «Noi», trasportando le vicende della famiglia...

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Dopo anni di successo internazionale, la serie culto americana «This is us» viene italianizzata e diventata «Noi», trasportando le vicende della famiglia Pearson, che nel remake italiano prende il cognome di Peirò, nell'Italia negli anni '80. Si tratta di un tipico family drama che punta a commuovere gli spettatori che andrà in onda su Raiuno da domenica 6 marzo. La regia è di Luca Ribuoli, la sceneggiatura di Sandro Petraglia, Flaminia Gressi e Michela Straniero, mentre la produzione è di Cattleya in collaborazione con Rai Fiction. I protagonisti sono Lino Guanciale (Pietro) e Aurora Ruffino (Rebecca), una giovane coppia che a Torino nel 1984 affronta la sfida di crescere tre figli. La storia comincia quando lei è incinta di tre gemelli ma durante il parto perde uno dei bambini e Pietro, che ha promesso che da quell'ospedale uscirà con tre figli, decide di adottare un neonato di colore, abbandonato davanti a una caserma. La storia prosegue fino ai nostri giorni seguendo anche la vita dei tre figli: Claudio (Dario Aita), Caterina (Claudia Marsicano) e Daniele (Livio Kone). Lino Guanciale dimostrerà di essere un padre coraggioso e generoso.

Lino, cosa l'ha conquistata del personaggio di Pietro?
«La capacità di donarsi pienamente a un progetto che gli cambierà la vita, ovvero costruire una famiglia con la persona che ha scelto. I miei nonni erano così, i miei genitori lo sono e lo sono anche io. È bello riconoscersi in questa purezza di intenti. Poi mi è piaciuta la scrittura, il fatto di andare avanti e indietro nel tempo con scarti nel futuro rende i personaggi un pozzo inesauribile. Luca è stato bravo a tenere insieme i pezzi e a difenderci dal sentimentalismo e dalla retorica, possibili trappole quando si parla di sentimenti. A livello personale mi colpisce il fatto che Pietro sia il padre che tutti vorrebbero avere e quello che tutti vorrebbero essere. Al netto di una buona dose di fragilità. La sfida per noi è stata portare personaggi archetipi di felicità e far vedere come sono difettosi».

Che differenze ci sono tra Pietro e Jack, il personaggio originale?
«Il protagonista è già forte nell'originale, sfugge all'equazione: se c'è l'amore, c'è la felicità. Questa regola è un grande tranello. Come i lavori sicuri, non esistono. Questa serie fa scattare memorie familiari. Anche a me Pietro ricorda mio nonno. Se esistono i valori su cui una famiglia deve fondarsi sono il rispetto, con l'ascolto, l'inclusione. E la famiglia serve per dare regole e leggi inscalfibili».

Cos'è la famiglia per lei?
«Della famiglia, nel bene e nel male, non ti liberi mai. Sta a noi decidere che destino dargli, buono o cattivo. Mio padre era vicino a Pietro. Pur non capendo nulla di me, mi ha aiutato a realizzare i miei sogni. In questa storia ci si può riconoscere, è il filtro emotivo che ci mette a nudo. La famiglia è il luogo dove sei nudo, poi se sei nudo con felicità o meno è un altro discorso».

Sul set si è creato un clima di famiglia?
«Sì, stavolta non è retorica. Siamo davvero diventati una famiglia, con un regista senza filtri e colleghi bravissimi con i quali è stato facile lavorare. Per passare da una fase all'altra della storia ci hanno aiutato anche i bambini delle diverse età. Ci guidava lo spirito genitoriale».

Che ne pensa dei remake?
«Da che mondo a mondo traduciamo e facciamo versioni italiane di film, esportiamo e importiamo contenuti letterari e artistici. Per cui per me ha senso che attraverso un classico possiamo leggere noi stessi. This is us è un classico della serialità».

Il teatro resta sempre la sua «casa»?
«Sì, il teatro è casa per me, non un rifugio. Dopo 15 anni di lavoro, posso dire che le esperienze in televisione mi hanno fatto crescere anche a teatro. I vari rivoli del mio percorso si sono tenuti bene insieme. Ora sto provando uno spettacolo al Piccolo, Zoo. Sono fortunato perché tanti grandi attori da due anni sono a casa a causa del Covid».

È impaziente di tornare nei panni del commissario Ricciardi?


«Certo che sì, prossimamente inizieranno le riprese della seconda stagione. Ci vediamo a Napoli».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino