«‘I film, senza gli altri, non esistono. E gli altri sono, come noi, autori del film’. Questa frase scritta da un grande regista, Marco Ferreri, mi rappresenta...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
«Il dibattito che si è aperto naturalmente intorno a ‘Napoli velata’ mi fa molto piacere. Non c’è niente di peggio per chi fa una qualsiasi opera che cadere nell’indifferenza. È ovvio che non ho raccontato Napoli com’è o come dovrebbe essere. Ho raccontato il mio personale viaggio – ‘stordito e abbagliato’ - dentro Napoli. La visione di me stesso dentro una città costruita come un palcoscenico teatrale tra le quinte di due sistemi vulcanici non comunicanti tra loro: il Vesuvio che erutta lava basica di colore grigio- nero, e il Flegreo, che va da Posillipo a Ischia ed emette gas acidi e una polvere di colore giallastro. La città ha un diretto rapporto con gli Inferi, metafora di quell’eterna lotta tra Vita e Morte che in realtà è la dichiarazione di una convivenza: quella tra Razionalità e Irrazionalità. Napoli è la messa in scena di questa duplicità, del rapporto quasi sessuato tra Logos e Caos. E mi sembra che anche le reazioni di parte del pubblico riflettano questa duplicità: chi cerca la chiusura del cerchio razionale di tutto e chi invece si abbandona al flusso delle suggestioni. Così Napoli è diventata Adriana, il personaggio interpretato da Giovanna Mezzogiorno, che ho fatto camminare su due binari narrativi razionali: l’inchiesta poliziesca e lo sviluppo psicologico del suo trauma. Senza mai però cedere né alle leggi del Thriller né a quelle della Psicanalisi, altrimenti mi avrebbero tolto il Mistero della Passione, che è l’unico elemento che mi interessava. La Passione è il vero tema del film, quella tra due esseri umani ma anche quella per una città e soprattutto per il Cinema. Adriana è un Giano bifronte che io seguo mettendola in mezzo o di fronte a una ‘messa in scena’, lei si staglia sempre in un contesto di Rappresentazione sia tradizionale - la figliata, la tombola vajassa, la smorfia dei numeri – sia personale: la sua sessualità, il suo lutto, il rivivere il proprio trauma originario. Ogni luogo di Napoli, anche i due appartamenti privati, sono scelti in funzione di un concetto quasi teatrale di ‘messa in scena’, tutti e due hanno infatti a modo loro dei Sipari che ci allontanano da ogni realismo per abbandonarci a una visione barocca, volutamente eccessiva». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino