I ragazzi del cast, «la paranza dei bambini» al gran completo, era in sala al cinema Metropolitan di Napoli, ieri sera, mentre negli stessi istanti, a Berlino, il loro...
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Unico film tricolore in concorso nel festival più «politico» e più attento ai valori dell'impegno civile, molto amato dal direttore uscente Kosslick (al suo posto, dall'anno prossimo, l'italiano Carlo Chatrian), «La paranza dei bambini» è stato accolto con grande favore da pubblico e critica internazionali ed è già venduto in una trentina di paesi. «Per il nostro cinema è stata, a detta di tutti, una grande Berlinale», commentano all'Istituto Luce, «l'Orso d'argento è un premio che riconosce la compattezza narrativa di una storia dove s'intrecciano le vite di un gruppo di ragazzini, in un'accelerazione verso la tragedia sui volti di chi ancora prende la vita come un gioco. Claudio Giovannesi merita in pieno questa vittoria, per il lavoro che conduce con i ragazzi e la passione nel raccontare storie di gioventù emarginata». Autore di un cinema poetico e potente insieme, il regista di «Fiore», «Alì ha gli occhi azzurri» e di alcuni episodi di «Gomorra», ha sempre dimostrato, infatti, una mano particolarmente felice nella narrazione dell'adolescenza, dei suoi slanci e dei suoi tormenti.
«Quando l'Italia parla della verità, viene ascoltata» ribadisce Saviano. Per caso, o per una singolare coincidenza quest'anno a Berlino, assieme a «La paranza dei bambini», si è fatta onore un'altra storia napoletana nei volti, nei luoghi, nella spudorata bellezza delle aspirazioni: «Selfie» di Agostino Ferrente, potente documentario sull'amicizia girato con lo smartphone nel Rione Traiano, protagonisti due giovani che inseguono la «normalità» a tutti i costi sottraendosi al richiamo del guadagno facile ai margini della legalità. Sono loro, i ragazzi presi dalla strada che raccontano la vita, il denominatore comune delle storie applaudite a Berlino. Ragazzi capaci di testimoniare con la forza dei corpi realtà scomode, ma anche di andare oltre gli stereotipi del racconto di genere, in una prospettiva concreta di verità. E l'Orso d'oro? La giuria guidata da Juliette Binoche l'ha assegnato al fim «Synonymes» dell'isaraeliano Nadav Lapid. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino