Ci sono due o tre scene almeno che mozzano il fiato in «Pino Daniele. Il tempo resterà» il docufilm di Giorgio Verdelli che sarà presentato in...
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C'è il Lazzaro Felice dal barbiere che spiega che cosa vuol dire fare «addove». E poi, tra qualche contributo un po' troppo televisivo e apparizioni live dei marziani Eric Clapton e Pat Metheny, trovate narrative più o meno originali (le riprese del supergruppo in bus stancano), live storici e riprese mai viste, c'è un bel pezzo della carriera del cantautore napoletano che ha cambiato la canzone napoletana, e italiana, unendo radici e ali, melodia e ritmo, mandolini e blues elettrico, Partenope e Chicago. E c'è James Senese che ricorda la prima telefonata che gli fece Giuseppe Daniele: «Gli piaceva la mia band, Napoli Centrale, si presentò da me, sembava un indiano, e questo già mi pareva promettente. Gli dissi: "A noi manca un bassista". E lui: "Ma io suono la chitarra". " io: "Accattate 'o basso e vieni a suonare con noi"». Fu l'inizio di una grande storia.
Tantissime le presenze importanti, qualche assenza è inevitabile e poi ci sarà tempo di raccontare altre storie pinodanieliane in futuro. Per ora, non perdete l'uscita del film nelle sale, solo dal 20 al 22. O meglio: perdetela se non amate Pino Daniele. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino