«Scenari pagani» c'è «Esilio» della Piccola Compagnia Dammacco

«Scenari pagani» c'è «Esilio» della Piccola Compagnia Dammacco
Sabato  febbraio al teatro del centro sociale di Pagani, in via Alcide De Gasperi, terzo appuntamento con la rassegna teatrale "Scenari pagani" diretta da...

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Sabato  febbraio al teatro del centro sociale di Pagani, in via Alcide De Gasperi, terzo appuntamento con la rassegna teatrale "Scenari pagani" diretta da Nicolantonio Napoli e prodotta da "Casa Babylon Teatro".


A salire sul palco sarà la "Piccola Compagnia Dammacco" con lo spettacolo "Esilio" con Serena Balivo e Mariano Dammacco, luci di Marco Oliani, allestimento a cura di Stella Monesi, foto di scena Pino Mentisci mentre l'ideazione, la drammaturgia e la regia sono di Mariano Dammacco.

"Esilio", premiato al "Festiva Teatrale di Resistenza - Premio Cervi Teatro per la Memoria 2017", racconta la storia di un uomo, come tanti al giorno d’oggi, che ha perso il suo lavoro. Quest’uomo, interpretato da Serena Balivo en travesti, seconda classificata al "Premio Ubu 2016" nella categoria “Nuovo attore o attrice under 35”, insieme al suo lavoro, gradualmente perde un proprio ruolo nella società fino a smarrire la propria identità, fino a sentirsi abbandonato e solo seppure all’interno della sua città, fino a sentirsi finalmente costretto a chiedersi come e perché è finito in tale situazione.

E così gli spettatori possono partecipare al goffo e grottesco tentativo di quest’uomo di venire a capo della situazione dialogando con se stesso, con la sua coscienza forse, con la sua anima o magari con le sue ossessioni.

La vocina sgomenta, soffusa, vereconda, di una buffa marionetta dagli scatti spigolosi e dalle movenze oniriche. Domina un’ironia soffusa. Affiorano, sotto i baffetti della Balivo, le parodie di Sabina Guzzanti versione D’Alema, ma anche le buffe, storiche telefonate di Franca Valeri nei panni di sora Cecioni.

Non manca nulla in questo spettacolo surreale che esorcizza lo psicodramma con sprazzi di comicità, crea movimento con danze sghembe da carillon, così da offrire a ogni spettatore visioni della vita di tutti noi in una forma trasfigurata che ne evidenzia le contraddizioni e suggerisce qualche interrogativo su questo nostro modo di vivere.


La scelta del monologo a due voci, la scrittura in prima persona, ci trascina dentro la narrazione, facendoci riflettere sulla nostra condizione di esuli dell’identità.

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Il Mattino