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Arriva in scena dalla seconda puntata e si impone. Salvatore Esposito, forte del successo che anche in America ha avuto il Genny Savastano di «Gomorra» (appena iniziate le riprese della quinta, e ultima serie), sbarca negli Stati Uniti, con la quarta stagione di «Fargo», la serie creata da Noah Hawley e prodotta dai fratelli Coen che ogni anno si reinventa con una crime story diversa ma che, come il film da cui ha preso ispirazione, inizia sempre con la stessa premessa: «Questa è una storia vera. Su richiesta dei sopravvissuti i nomi sono stati cambiati, per rispetto dei morti tutto il resto è raccontato esattamente come è accaduto». In realtà niente di vero c'è nelle storie, slegate fra loro, raccontate nella serie (come niente c'era di vero nel film), ma tutte raccontano una finzione che ruba alla realtà l'avidità umana, la sete di soldi e di potere.
Quella raccontata nella quarta stagione, da lunedì 16 novembre su Sky e Now Tv, è una storia di mafia con due famiglie, una italiana e l'altra afroamericana, in costante competizione, sulla scena del crimine di Kansas City. Accanto a Chris Rock, Jessie Buckley, Emyri Crutchfield e Jason Schwartzman recitano gli italiani Salvatore Esposito, Tommaso Ragno, Francesco Acquaroli (il Samurai di «Suburra) e Gaetano Bruno.
Il capostipite della famiglia italiana è Donatello Fadda, interpretato da Tommaso Ragno: «Sul copione, per presentare il mio personaggio era descritto come una tigre della foresta, venuto in America a placare la fame per sempre», racconta lui.
Del suo personaggio dice: «Gaetano è una bomba che può esplodere in ogni momento, è un toro. Ti può uccidere in un attimo. I suoi occhi, il suo modo di respirare sono quelli di un toro. C'è questa rabbia dentro di lui». Quando si tratta di recitare, Esposito studia gli animali: «Perché credo che le loro espressioni possano esprimere cose che un essere umano non sempre riesce a esprimere».
La storia raccontata nella quarta stagione di Fargo è ambientata negli anni Cinquanta e Esposito spiega di aver preso spunto da quel capolavoro cinematografico che è «Il Padrino»: «Per me il film di Coppola è come una religione. Ho seguito le carriere di Marlon Brando e Al Pacino, che erano divinità per me. Con Gaetano però ho voluto seguire una mia strada nella rappresentazione dei gangster degli anni Cinquanta: si trova negli Stati Uniti ma viene dall'Italia, quindi è a metà fra i due mondi». Esattamente come l'attore, ora a metà fra i due mondi: «Il 2020 è stato un anno pazzo, molti lo vogliono dimenticare. Io no, per me è stato un anno di grandissime opportunità, di lavoro e di vita».
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