Sanremo Fiorello santo subito, Achille Lauro non si sa. Rosario apre il settantesimo Festival della canzone italiana in abito talare: «È quello di Don Matteo, uno...
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Fiorello santo subito, Achille Lauro non si sa. Rosario apre il settantesimo Festival della canzone italiana in abito talare: «È quello di Don Matteo, uno dei pochi Matteo che funzionano in Italia, da solo fa il 35%, con me almeno il quaranta: se funziona sta storia dei vestiti domani indosso quello di Maria De Filippi». La leggerezza dello showman siciliano travolge l'Ariston, gli permette persino di rivolgersi al Papa: «Santo padre non disdica il canone Rai, non firmi quella scomunica». Politica e tv finiscono nel frullatore: «È un Festival a rischio del 15%, io sarò il Rocco Casalino del mio amico Amadeus». Il conduttore-direttore artistico è spalla divertita, in prima fila i vertici Rai con Salini, Foa e Coletta. I cantanti fremono dietro le quinte, anche perché «qui si entra papi e si esce Papeete». L'esordio è frizzante, Fiore ha imposto il suo tono scapocchione, irriverente senza oltraggio, nazionalpopolare ma alla siciliana: «Ama ha messo tutti d'accordo contro di lui: donne, uomini, destra, sinistra, il centro che non c'è si è riunito contro di lui. Ha fatto scappare Salmo, Jovanotti, la Bellucci, manco fossero elettori 5s».
Fiorello santo subito, Achille Lauro non si sa. Esce in saio da San Francesco D&G (e piedi scalzi, si intende), poi, ispirandosi alla sua maniera agli affreschi di Giotto, butta alle ortiche il travestimento e rimane in una succinta tutina glitteratissima da «Rocky horror picture show» glam rock: il colpo di scena c'è, la canzone meno. Finirà nel mirino di chi già spara sul Festival del reprobo Junior Cally? «Me ne frego», risponderà nel caso lui con il titolo della sua canzone, preparando per le prossime serate altre sorprese.
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Il Mattino