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Di sana e robusta Costituzione, il Festival dei record va. Gli ascolti sono stellari, i più alti dal 1995 (conduceva Baudo, Morandi era in gara, vinceva Giorgia): 25 anni, 10.757.000 spettatori pari al 62.4% di share per la prima serata, forte anche della presenza di Mattarella e di un Benigni ispirato nel celebrare i 75 anni della nostra Carta, partendo dagli articoli 11 (il ripudio della guerra) e 21 (la libertà d'espressione) con inevitabile teatrino di polemichette politiche (il più duro, in fondo, è Salvini, per cui il Presidente «ha diritto a svagarsi, ma la Costituzione non va difesa all'Ariston»). AmaDeus, nuovo padre-padrone di una tv generalista che sfonda anche sul fronte del pubblico giovane, di quello laureato, della piattaforma RaiPlay, sui social, non se ne preoccupa più di tanto: «Sono quattro anni che ci attacca, basta non guardarci».
Nella seconda serata Francesca Fagnani dà il cambio a Chiara Ferragni ma il suo nude look è reale, e non per questo più volgare, anzi, e la sua spigliatezza maggiore, come coconduttrice, ma anche come monologante, dando voce ai ragazzi che ha incontrato nel carcere minorile di Nisida, che ha intervistato non sentendosi belva (e nemmeno agnello) tra le belve, ma privilegiata tra scugnizzi nati dalla parte sbagliata della barricata: un appello ad una scuola capace di recuperare, all'accesso al lavoro, ad uno «Stato più sexy della criminalità». Un discorso su un destino che non è irreversibile, che non dovrebbe essere irreversibile, sui diritti dei detenuti, sul fatto che è «un fallimento per tutti» ogni volta che un minorenne rientra in un carcere. E domani arriveranno i protagonisti di «Mare fuori», a riprendere il discorso.
Sul fronte dello spettacolo protagonista assoluto della serata è il supertrio inossidabile: Al Bano (79 anni, ma quattro torte per annunciare gli 80 che compirà il 20 maggio), Gianni Morandi (78) e Massimo Ranieri (71). Amici, rivali, stakanovisti del palcoscenico, sciorinano canzoni di mezzo secolo fa, le dividono tra di loro, le condividono con il pubblico, le sparano al cielo. «In ginocchio da te», «Vent'anni», «Nel sole», «Andavo a cento all'ora», «Se bruciasse la città», «Rose rosse» («forse le rose in amore non si usano più», ma Blanco non c'entra), «Scende la pioggia», «Felicità», «Perdere l'amore» (l'ex scugnizzo del Pallonetto si commuove), «Uno su mille» (l'ex ragazzo di Monghidoro si commuove), «È la mia vita» completano il Festival sacrosantamente rinnovato da Amadeus, con il contributo pesante dei veterani-highlander, di canzoni diventate dna comune, tessuto connettivo, con la storia di tre figli di nessuno diventati qualcuno. Perfetti anche nella scelta del brano finale, i magnifici tre: «Il nostro concerto», capolavoro di Umberto Bindi, gigante della canzone italiana che ha pagato con l'ostracismo la sua omosessualità. Vedremo se ne verrà mai fuori qualcosa di più: un disco, un tour, uno spettacolo televisivo, di sicuro, dopo il Presidente, il secondo colpaccio dell'Amatissimo che fa benissimo allo share.
La gara, già la gara, difficile ritrovarne il filo dopo uno show così orgogliosamente e gramscianamente nazionalpopolare.
Pegah Moshir Pour, attivista italoiraniana per i diritti civili, spalleggiata da Drusilla Foer, ricorda la libertà negata a Teheran, le violenze sulle donne, gli omosessuali, i musicisti. «Per la libertà, per la libertà, per la libertà», ripetono ieratiche dopo aver declamato i versi di «Baraye», l'inno delle proteste in Iran che ha appena vinto il primo Grammy per la canzone che ispira cambiamenti sociali nel mondo. Il suo autore, Shervin Hajipour, 25 anni, è libero su cauzione, il brano nello scorso settembre è diventato virale, collezionando oltre 40 milioni di click sul web in 48 ore.
Renga e Nek si esibiscono sul palco esterno, Fedez sulla nave, con un freestyle rap che se la prende con il Codacons e con il viceministro alle Infrastrutture, Galeazzo Bignami travestito da Hitler, «per carnevale», spiegò lui. Il cantante mostra la foto in questione e la strappa. Un nuovo caso? «Ricordando l'articolo 21 della Costituzione celebrato da Benigni mi prendo le responsabilità di quanto detto, la Rai non ha visionato questo testo», assicura lui. Angelo Duro con la sua boriosetta stand up comedy senza peli sulla lingua (Ama avverte: «I moralisti cambino canale») e i Black Eyed Peas sono altre spezie per aggiungere sapore alla serata.
Che finisce con il secondo verdetto dettato dalla sala stampa, tra il rumoreggiare dell'Ariston: primi di manche Colapesce-Dimartino, davanti a Madame, Tananai, Lazza e Giorgia. Nella prima classifica parziale a 28 Mengoni guida inseguito da Colapesce-Dimartino, Madame, Tananai, Elodie. Giorgia è solo ottava, Ultimo è solo decimo, Lda è ventiquattresimo, ultimo Sethu. Non lasciatevi suggestionare: oggi decidono il televoto e la giuria demoscopica.
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