Sanremo, la svolta di Baglioni giovani e big insieme in gara?

Sanremo, la svolta di Baglioni giovani e big insieme in gara?
Al suo secondo Sanremo, dopo lo straordinario successo del primo, Claudio Baglioni ha tutto il tempo per mettere davvero mano a un meccanismo logorato dal tempo. L’anno...

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Al suo secondo Sanremo, dopo lo straordinario successo del primo, Claudio Baglioni ha tutto il tempo per mettere davvero mano a un meccanismo logorato dal tempo. L’anno scorso cancellò le eliminazioni e la serata delle cover, ritoccò la durata delle canzoni in gara, portando la durata massima da tre minuti e mezzo a quattro. Questa volta potrebbe essere più radicale: sulle scrivanie dei discografici è arrivata dal direttore-dittatore artistico la proposta di abolire la sezione Nuove Proposte, unificando la gara tra giovani e big. 

Una formula non inedita, che in passato portò anche a risultati scabrosi, come la vittoria dei Jalisse nel 1997 con «Fiumi di parole»: erano stati proiettati tra i Campioni da un inguacchio di regolamento, alle loro spalle finirono la Patty Pravo di «E dimmi che non vuoi morire» e il Nek di «Laura non c’è». La categoria unica, portata magari a 24 presenze di cui 4 giovani, permetterebbe una narrazione diversa, più serrata, della competizione in programma dal 5 al 9 febbraio 2019. Senza dover dare spazio a volti sconosciuti ai più, aggiungendo il pepe della sfida dei giovani Davide contro i Golia seniores, evitando le complicazioni della doppia finale, magari permettendo anche una durata meno monstre delle singole serate.
A scegliere i quattro concorrenti juniores Raiuno avrebbe già messo in campo le due manche, non più una, dell’ex «Sarà Sanremo», ribattezzato «Sanremo Giovani», in programma il 13 e 14 dicembre. Due vincitori a puntata, pronti per il brivido dell’assalto al cielo del festivalone vero e proprio. Una manna dal cielo per loro, una delusione per altrettanti colleghi: otto, negli ultimi anni, i ragazzi in lizza all’Ariston. Un’ottima occasione per i qualificati, una possibilità in meno - praticamente resterebbero solo i talent show - di scouting, di rinnovamento per la canzone italiana, che a Sanremo è ancora un paese per vecchi. 
Dalle Nuove Proposte, inaugurate nel 1984 su volere dell’allora patron Gianni Ravera (vinse Ramazzotti con «Terra promessa»), sono usciti negli anni Laura Pausini, Andrea Bocelli, Alex Britti, Marco Masini, Neri per Caso, Fabrizio Moro, Arisa, Raphael Gualazzi, Rocco Hunt, Francesco Gabbani, Ermal Meta, Ultimo... Nel 2004 fu Tony Renis a tentare la sezione unica, conducevano Simona Ventura, Gene Gnocchi e Paola Cortellesi. Gli allora emergenti Dj Francesco, Neffa e Piotta se la videro con campioni come Pappalardo e Mietta (le case discografiche boicottarono la kermesse in polemica aperta con l’uomo di «Quando quando quando»), vinse Masini con «L’uomo volante», lo share fu uno dei più bassi di sempre. 
Major e etichette indie devono ancora prendere posizione di fronte alla proposta baglionesca, con le prime probabilmente più favorevoli (avrebbero maggior spazio a disposizione per i propri big, pur esposti alla figuraccia di essere battuti da un carneade o da un idolo dei ragazzini, come, verosimilmente, anche per i propri giovani, vista la necessità di un supporto consistente per sfidare i big) e le seconde più fredde.
Difficile capire quanto la categoria unica potrebbe servire a convincere qualche veterano a mettersi in gara, soprattutto oggi che le classifiche sono dominate da trapper e talent boys (Irama, premiato dall’ultima edizione di «Amici», fu settimo sulle otto Nuove Proposte del 2016)), o dare un’ulteriore contributo rottamatore alla terra dei cachi che necessita di aprirsi ai suoni del momento, rap, trap o indie che siano, senza perdere i contatti con i gusti - più melodici e tradizionali - dello spettatore medio sanremese.

Intanto, per la conduzione, si parla di un Favino bis, ma anche di contatti con Giorgio Pasotti e Chiara Ferragni. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino