Come dimostra “Selfie” (Ho sognato che Davide era vivo) di Agostino Ferrente, ci sono anche i millennials nei quartieri infestati dalla camorra. Ragazzi che si...
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«Volevo fare un film interamente di sguardi, con i protagonisti che si raccontano da sé stessi sui social, o meglio che si 'specchianò nel display dello smartphone. Ho infatti chiesto loro di mettersi di lato rispetto allo schermo - dice il regista - perché volevo capire il loro stesso modo di guardarsi e di guardare Napoli al di la degli stereotipi». Per quanto riguarda poi i due straordinari protagonisti del film: «Sono loro che hanno scelto me - dice Ferrente - io ero in un locale, il Bar Cocco, a parlare con il papà di Davide, Gianni Bifolco, il ragazzo che pur non avendo fatto nulla si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Dicevo appunto a Gianni che non volevo raccontare l'indagine non fare la cronaca di quello che era successo, ma mostrare solo il contesto in cui questo era avvenuto. E mentre raccontavo questo c'era un ragazzino che ci portava il caffè e quel ragazzino era Alessandro. Aveva 16 anni ed era davvero perfetto. Poco dopo si è presentato anche Pietro, un ragazzo che sognava di fare il parrucchiere, che mi ha detto: se prendi lui devi prendere anche me perché siamo inseparabili. Una cosa che alla fine ho fatto perché erano entrambi davvero perfetti». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino