Serj Tankian un gigante, i System of a Down travolgono Firenze

Serj Tankian
Appare a sorpresa durante l’esibizione  degli introduttivi (e chiassosi) Prophets of Rage per cantare “Like a Stone”, omaggio all’amico Chris...

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Appare a sorpresa durante l’esibizione  degli introduttivi (e chiassosi) Prophets of Rage per cantare “Like a Stone”, omaggio all’amico Chris Cornell, scomparso qualche settimana fa. Ed è la prima vera scossa per i 50.000 della Visarno Arena che attendono da ore sotto il sole. 

 
Serj Tankian, voce e presenza ammaliante, è stato il mattatore della serata finale di Firenze Rocks iniziata 10 giorni fa con i Radiohead, proseguita nel weekend con Aerosmith (venerdì), Eddie Vedder (sabato) e chiusa domenica dai System of a Down. Il cantante di origini armene, nel pieno della sua maturità, ha saputo trascinare la folla in un concerto di rara potenza e bellezza. 





Difficile etichettare la band nata a Los Angeles nei primi anni 90. Rock duro sì, come duri sono Soldier Side e Suite Pee, i brani di avvio, ma anche larghi come Lost in Hollywood/Questions/Lonely Day e ballate come Radio-Video che sanno toccare corde profondissime. La gente, accorsa da tutta Italia (Firenze era l’unica tappa italiana) ascolta, canta come una sola voce e balla passando da un pogo all’altro. Come nel finale quando (non senza qualche preoccupazione) dal palco giunge l’invito ad arretrare a chi è alle spalle dell’inner circle. Così si crea un corridoio nel quale su War? e Byob il pubblico letteralmente si scatena. Un carosello di emozioni. Ma i System sanno come miscelare le sonorità  e subito dopo la lenta Toxicity regala anche qualche lacrima.

 
Cosa resta della serata? Un po’ di amaro in bocca per un concerto travolgente, senza pause, ma che si chiude dopo un’ora e 40. I giovani indugiano, aspettano ancora qualche minuto, ma gli attesi bis non arrivano. E allora sciamano ordinatamente sapendo di aver assistito a un grande spettacolo regalato da una band al suo apice. Shavo Odadjian è un bassista preciso e coinvolgente, John Dolmayan un batterista che travolge. Daron Malakian un chitarrista preciso e istrionico.



 

Ma su tutti Serj Tankian che va incluso tra le più grandi voci di sempre del rock mondiale. Le tonalità raggiunte nella splendida Chop Suey non si dimenticano. A lui la chiusura del concerto: “Ciao Italia”, poi la mano sul cuore. Firenze ha visto un gigante.​​



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Il Mattino