Come era già accaduto a Cannes, «The Square» dello svedese Ruben Ostlund sbanca anche agli Efa, gli Oscar del cinema europeo che sabato sera hanno festeggiato a...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
E come già era accaduto all’ultimo festival di Cannes, l’Italia non ha avuto candidature su cui puntare e ha mancato anche l’unica possibilità di vittoria, quella del premio del pubblico, perché a «La pazza gioia» di Paolo Virzì i votanti hanno preferito «Farewell to Europe» di Stephen Zweig. A Pierfrancesco Favino il compito di consegnargli il riconoscimento e di tenere alto l’orgoglio nazionale: in entrambi i casi è stato impeccabile. «Loveless» di Andrej Zvyagintsev, il feroce apologo sui guasti della neoborghesia russa aperta al mercato e perduta nei valori, porta a casa i premi per la fotografia e le musiche, ma avrebbe meritato di più. L’attrice dell’anno, per il consesso dell’European Film Award, è Alexandra Borbely di «On body and soul».
Si è parlato molto, sul palco e negli incontri ufficiali di questa edizione, del pericolo rappresentato dai nazionalismi e dai populismi ritornati tristemente di attualità sullo scacchiere internazionale. E tutti, cineasti, attori, scrittori, hanno sottolineato l’importanza di condividere lo stesso linguaggio dell’arte. Lo ha ribadito con forza il presidente degli Efa Wim Wenders nel lungo discorso di benvenuto, scagliandosi contro il nazionalismo, «un mostro che credevamo di aver seppellito», e le tentazione separatiste «di chi è mosso solo dall’avidità e dai soldi»; battendosi per il cinema europeo, «una realtà importante che non viaggia abbastanza per il mondo». Nell’Europa orgogliosa delle diversità, ma capace di parlare con una sola voce, quella del cinema, Wenders vede un antidoto ai tanti mali del mondo contemporaneo, nei film d’arte una risposta ai blockbuster superomistici che arrivano dall’America. Lui, che preferisce indagare il cuore dell’uomo piuttosto che le guerre stellari, da tempo lavora a un docufilm su Papa Francesco, un uomo di parola, lo definisce fin dal titolo, capace di cambiare il mondo.
A cambiare il maschilismo dell’ambiente cinematografico stanno provando le donne: agli Efa cinque produttrici e registe europee hanno preso posizione contro il fenomeno dilagante delle molestie sessuali. «Questo sistema va combattuto con una rabbia collettiva e non come una vergogna individuale», hanno detto. A volte, la censura diventa economica: Julie Delpy, premiata alla carriera, subito dopo ha organizzato una tombola per finanziare il suo nuovo film. In mancanza di meglio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Leggi l'articolo completo su
Il Mattino