Allenamenti, serie A cerca garanzie: ecco come strapperà il sì al governo

Allenamenti nell'incertezza, la serie A cerca garanzie: ecco come strapperà il sì del governo
La sensazione è che ogni volta che si stia toccando con la mano la ripartenza si torni puntualmente al via. Più di qualcuno vuole vederci chiaro. O in chiaro, nel...

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La sensazione è che ogni volta che si stia toccando con la mano la ripartenza si torni puntualmente al via. Più di qualcuno vuole vederci chiaro. O in chiaro, nel senso delle gare in tv (una delle richieste del governo). Questione di punti di vista. Il continuo tiro alla fune tra Palazzo Chigi e Figc e tra Federcalcio e squadre produce solo continui rinvii. «Le sessioni di allenamento degli atleti, professionisti e non, degli sport individuali e di squadra, sono consentite, nel rispetto delle norme di distanziamento sociale e senza alcun assembramento, a porte chiuse» si legge nel nuovo decreto sulle riaperture. Tra l’altro secondo le linee guida anche l’uso del pallone non sarebbe consentito (lo avrebbe voluto specificare, insieme alle sanzioni per chi non rispetta le regole, lo stesso Spadafora irritato dalla partitelle della Lazio). A meno di specifici protocolli approvati. Al momento l’unico che c’è non piace alle squadre di serie A. Di fatto gli allenamenti di gruppo, ad oggi, non sono affatto di gruppo. Da domani dunque tutte le squadre andranno avanti “arrangiandosi”. 


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Il nuovo testo redatto dai medici della serie A si basa su 4 punti fondamentali: Niente ritiro o uno meno stringente, due tamponi ogni 4 giorni (ma c’è il problema dei reagenti) e test sierologici ogni tre giorni, no alla quarantena obbligatoria per tutta la squadra ma solo per il contagiato (così come stabilito dai protocolli della Germania e dell’Inghilterra) e infine la richiesta di conoscere entro 24/48 ore la data della ripresa del campionato (fondamentale perché pagare gli stipendi senza poi giocare sarebbe una doppia beffa). Praticamente tutto un altro protocollo rispetto ai paletti stringenti che il Cts aveva fissato. Soprattutto la quarantena e l’aumento di test su cui ha sempre mantenuto il punto. Non a caso si sta lavorando proprio ai fianchi del Comitato Tecnico Scientifico per far “digerire” tutto o parte di queste richieste. Stavolta il calcio è sicuro che sarà accontentato. Non subito, ieri due nuovi positivi (al secondo tampone) al Parma. Magari dal 25 quando forse anche la curva dei contagi sarà ancora più dolce. Sulla ripartenza non si gioca non solo la sopravvivenza di un sistema da tempo in equilibrio precario ma anche il futuro del Ministro Spadafora (gli attacchi bipartisan hanno posto un mirino su di lui) e del presidente della Figc, Gravina (più di ogni altro si è speso in prima persona e i franchi tiratori non aspettano altro). Ora la palla è nella mani del premier Conte. Un via libera aumenterebbe di sicuro le sue quotazioni. Ha in agenda un incontro Gravina: da qui passa il destino della serie A. «Bisogna avere delle garanzie che per ora non ci sono» ha rimarcato il premier. Per la serie A la condizione fondamentale resta quella di abolire la quarantena per tutta la squadra. Fra una settimana il numero uno della Figc dovrà comunicare alla Uefa. Ecco perché il piano B dei play off è sempre pronto. Una extrema ratio. 
 
La Germania ha dimostrato che, se c’è la volontà, si può tornare a giocare. Le gare della Bundesliga ieri hanno fatto il pieno d’ascolti. Ed è per questo che a spostare gli equilibri potrebbero essere le partite in chiaro. Un vecchio pallino del Ministro Spadafora. Già ai tempi pre lockdown si era scontrato con la Lega di serie A. E non c’è stato incontro con i dirigenti di via Rosellini in cui non sia stato toccato il tema. Resta lo scoglio della legge Melandri ma sarebbe facilmente superabile con un atto governativo. Dalle pay tv c’era stata un’apertura a mandare in onda gare sui canali aperti. Magari tre ogni week-end (2 per sky e una per Dan). Il problema resta che il Ministro vorrebbe che fossero visibili sulla Rai. Si vedrà. Ma questo è comunque il prossimo tema su cui si accenderà un nuovo scontro. I presidenti di serie A sono già in guerra con le televisioni. 


Intanto ieri il vice presidente dell’Udinese Campoccia si è dimesso dal Consiglio di Lega. Scelta nata dopo la lettera del patron Pozzo in cui il club informava che in caso di ripresa del campionato gli amministratori, se gravati di oneri irragionevoli, si sarebbe autosospesi. Quello della responsabilità resta un tema. L’Inail ha alleggerito la posizione degli staff sanitari.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino