Pessimismo sul Napoli di Ancelotti? I nostalgici di Sarri si ricordino l’estate del 2015

Pessimismo sul Napoli di Ancelotti? I nostalgici di Sarri si ricordino l’estate del 2015
«Sar-ricetta». Alzi la mano chi non l’ha detto, o almeno pensato, tre anni fa, quando il misterioso allenatore in tuta piombò inopinatamente sulla...

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«Sar-ricetta». Alzi la mano chi non l’ha detto, o almeno pensato, tre anni fa, quando il misterioso allenatore in tuta piombò inopinatamente sulla panchina azzurra. Sar-ricetta, sar-rischia, sarr-evota. Non barate, ci sono fior di post su Facebook, perle di ironia e sciovinismo, lasciati sulle bacheche a futura memoria. Sappiamo tutti come è andata poi.


L’allenatore venuto dall’Empoli, periferia del calcio italiano, la faccia da operaio alla quale i tifosi azzurri non avrebbero dato da allenare neanche la squadra dei pulcini, il personaggio sgangherato di un film neorealista si è inventato la Grande Bellezza e ha fatto dimenticare il rimpianto per re Benitex e per il vincente Mazzarri, proprio come Mazzarri aveva fatto dimenticare l’osannato Edy Reia e così via andando indietro. Ora, il fatto che il nome di Ancelotti non si presti a giochi di parole non può salvare il nuovo e per niente misterioso allenatore del Napoli dall’inevitabile passaggio sotto le forche caudine dello scetticismo azzurro. La tifoseria napoletana è fatta così, deve provare per credere e per credere in Ancelotti, dopo il miracolo quasi-vincente del taumaturgo Sarri, ha bisogno di una cosa sola: di vedere la squadra finalmente vincere. 


Divertire con il modello Sarri, vincere con lo stigma Ancelotti: sarebbe il massimo che potremmo chiedere al campionato che sta per cominciare, sarebbe la tanto auspicata crescita nella continuità perché a nessuno dei tifosi napoletani, questo sarà chiaro anche a De Laurentiis, piacerebbe vincere senza stupire, senza esibire il gioco sfrontato e fantasioso che ci ha resi orgogliosi sui campi di mezza Europa. Ancelotti lo sa che siamo diventati esigenti, lo sapeva fin dal momento in cui si è presentato a Napoli con il gesto di James Bond e perciò non si offenderà davanti ai malumori emersi dopo la sconfitta di Wolfsburg, e soprattutto non crederà alle malelingue che sparlano di nemici interni. Anche Sar-ricetta, ai tempi, partì con brutte sconfitte. Anche di lui si diceva che non avrebbe mangiato il panettone. Alla vigilia di questo campionato obiettivamente difficile, il primo campionato dell’era Ronaldo e delle milanesi tornate competitive, tutto ci serve tranne divisioni e sospetti; che a spargere veleni sul nostro terreno già penseranno i commentatori dei nordici salotti tv. Noi non avremo (forse) un top player, il portiere ci fa un po’ penare e la fascia sinistra è un rebus da risolvere; ma il nerbo della squadra è quello che l’anno scorso sfiorò l’impresa e il vero “colpo” del mercato è stato resistere alle lusinghe dei potenziali acquirenti. Ricominciamo da Milik, da Mertens, da Insigne. E da Ancelotti. Non è poco anche se forse meriteremmo di più, è la nostra nuova sfida. Il palazzo da espugnare è ancora lì, solo il comandante è diverso, e forse è ora di metabolizzarlo: mister Sarri ha cambiato maglia e bandiera. Noi no, noi mai. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino