L'Avellino vola con D'Angelo: gol a tempo scaduto e vittoria

L'Avellino vola con D'Angelo: gol a tempo scaduto e vittoria
Con il cartello dei lavori in corso in bella evidenza anche a Viterbo, dopo i nove minuti giocati nella tempesta del Partenio-Lombardi contro la Turris prima della sospensione,...

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Con il cartello dei lavori in corso in bella evidenza anche a Viterbo, dopo i nove minuti giocati nella tempesta del Partenio-Lombardi contro la Turris prima della sospensione, l'Avellino di Braglia ha ieri sera fatto il suo vero esordio in campionato. Il primo collaudo del Rocchi ha inevitabilmente messo in evidenza pregi e difetti di una struttura da ultimare ma anche il carattere di un gruppo capace di sbancare Viterbo all'ultimo assalto grazie ad un colpo di testa di D'Angelo.


La squadra biancoverde, che il tecnico aveva l'altro ieri definito «un'incognita» perché assemblata in netto ritardo, ha dimostrato di avere le potenzialità per disputare una stagione da protagonista ma anche di essere carente soprattutto in fase offensiva dove manca l'elemento in grado di saltare l'uomo e darle imprevedibilità.

Eppure, contro un avversario che ha badato soprattutto a difendersi con le unghie e con i denti, Braglia ha un po' a sorpresa schierato tutto il suo potenziale offensivo. Spiazzato dall'infortunio accorso nella rifinitura ad Aloi, infatti, l'allenatore toscano ha inizialmente abbandonato il 3-5-2 per varare un anomalo 3-4-3 in cui ha presentato per la prima volta Silvestri in difesa, Burgio in mediana e soprattutto Bernardotto in attacco. Una scelta coraggiosa ma che non ha sortito gli effetti sperati. Di contro Maurizi ha lasciato il baby laziale Rossi come terminale offensivo e marcato praticamente ad uomo ogni biancoverde che si è affacciato nella sua metà campo. Malgrado ciò la prima occasione pericolosa è stata proprio della Viterbese che con Menghi, dopo appena due minuti, ha sfiorato il vantaggio ma il destro dell'esterno laziale ha fatto la barba al palo dell'ex Forte. Sforzandosi di costruire gioco su un campo pesante e scivoloso, l'Avellino ci ha messo 20 minuti per rispondere, quasi casualmente, su palla da fermo. Il destro arcuato di De Francesco dal limite è infatti stato respinto a fatica da Daga a limite dell'area. La sfera, come il più comodo degli assist, è finita sui piedi di D'Angelo ma l'ex Livorno, più bravo in fase di interdizione che di costruzione (almeno sulla carta, poi si rifarà), ha clamorosamente sbucciato un rigore in movimento. Per il primo vero tiro verso Daga si è invece dovuto attendere il trentaduesimo. A scagliare il suo destro dal limite, su bella apertura di Burgio, è stato Maniero ma il portiere di casa si è disteso sulla sinistra respingendo a fatica. A sbrogliare la matassa, con Bernardotto in colpevole ritardo, ci ha pensato Baschirotto.


Tutte qui le emozioni di un primo tempo condizionato dalla pioggia e dai meccanismi poco oleati delle due squadre che pure nella ripresa hanno continuato a far stagnare il gioco soprattutto in mediana. Per nulla rassegnato a spartirsi la posta in palio, Braglia ha rivoluzionato nuovamente il suo scacchiere sostituendo l'impalpabile Bernardotto con Marco Silvestri. Con un attaccante in meno ed un mediano in più, l'Avellino ha lasciato l'iniziativa all'avversario finendo addirittura per rischiare lo svantaggio. Innescato da una incursione di Simonelli sulla destra, per fortuna dei lupi, il sinistro al volo di Urso è finito in curva. Un campanello d'allarme che a metà ripresa è squillato ancora più forte quando Rossi, per la prima volta dall'inizio della partita, ha rubato il tempo a Miceli ma la sua conclusione è stata miracolosamente smanacciata in corner da Forte. Proprio Miceli, però, per poco non ha trovato la giocata vincente con una conclusione in acrobazia su cui Daga si è mostrato all'altezza del suo dirimpettaio. Nella risaia del Rocchi, il finale ha visto la Viterbese attaccare di più e reclamare persino un calcio di rigore per un dubbio contatto in area tra Miceli e Bensaja. Un episodio che ha innervosito un po' troppo il neo entrato Matteo Menghi capace di beccarsi due gialli nel giro di pochi minuti. Gara finita? Niente affatto perché allo scoccare del quinto minuto di recupero D'Angelo, che di nome fa Santo, ha messo la testa (evidentemente meglio dei piedi) su cross di Tito e regalato tre punti di platino ai lupi. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino