L’Adria Tour doveva essere una tappa della rinascita. Adesso, al contrario, rischia di essere un altro ostacolo verso il ritorno alla normalità del tennis. Sì...
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Un silenzio, quello del numero uno del mondo, che fa da contraltare alla ridda di critiche che si stanno sollevando in tutto il mondo («È sciocco giocare dei tornei adesso» ha sentenziato il vulcanico Nick Kyrgios) per un evento che, in nome dei bassi numeri di diffusione del coronavirus negli Stati dalla ex Jugoslavia, è stato fin troppo aggregante e senza alcuna restrizione né per i tennisti, né per il pubblico. «Potete anche criticarci e dire che è pericolo - aveva detto Nole alla vigilia della prima tappa del tour - ma non spetta certo a me determinare cosa sia giusto o sbagliato per la salute. Stiamo facendo ciò che ci dice il governo serbo». E chissà come l’avrà presa il primo ministro croato Andrej Plenkovic, tra coloro che ieri si sono sottoposti al tampone dopo aver trascorso del tempo a Zara con Djokovic.
Va detto che i contagiati, che all’unisono sui social hanno dichiarato di stare bene, sono forse il problema minore di questa storia. Preoccupa di più la brutale presa di coscienza dell’ovvio: come gestire un flusso mondiale di atleti all’interno di un contesto internazionale che è ancora lontanissimo dal contagio zero? E come fare in presenza di atleti no-vax come lo stesso Djokovic che si sono detti contrari al vaccino anti-Covid (quando ce ne sarà uno) anche nel caso in cui fosse indispensabile per partecipare ai tornei? Senza contare il baratro in cui teme di sprofondare l’economia croata che si apprestava a ripartire sfruttando il turismo estivo e ora teme l’effetto della pubblicità negativa. Perciò fa sorridere l’ultimo post che movimenta la pagina Instagram dell’Adria Tour che, nell’annunciare l’annullamento della finale di Zara tra Djokovic e Rublev, spiega: «La sicurezza e la salute vengono prima di tutto». Già. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino