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Mica è sempre stato così. C’è stato un tempo, neppure tanto lontano, che De Laurentiis e Gravina camminavano a braccetto. Senza il suggerimento del numero uno della Figc, per esempio, mai e poi mai il Napoli sarebbe sbarcato a Castel di Sangro, facendo la scoperta del complesso sportivo che venne realizzato proprio negli anni della B dal club abruzzese. Bei tempi. Un pomeriggio di fine agosto di due anni fa, Gravina - che vive a Sulmona - andò persino a fare visita a De Laurentiis, con il Napoli che era lì in ritiro, trascorrendo alcune ore e finendo la giornata a cena dalla chef stellato Niko Romito. E la santa alleanza è durata ancora parecchio, fino alla votazione per il mandato-bis di Gravina, quando il patron azzurro scelse di sostenere la sua rielezione, piuttosto che dare una mano a Sibilia, l’antagonista.
Poi, qualcosa si è rotto. E le parole dell’altro giorno sono la prova che l’armistizio è assai lontano. De Laurentiis, sul palco del teatrino di Corte di Palazzo Reale, nell’evento organizzato per i 130 anni della fondazione del Mattino, è andato giù pesantissimo. Per l’ennesima volta: «Gravina? Non ha fatto niente per tre anni a mezzo. Perché dovrebbe cominciare adesso? Il nostro calcio è tutto da cambiare».
La prima crepa del rapporto è legata a Juventus-Napoli e alla sconfitta a tavolino che in primo e secondo grado venne decretata al Napoli nell’ottobre del 2020. Aurelio De Laurentiis si sentì offeso dal deferimento per la violazione del protocollo sanitario, dalle sentenze e dalla parole usate dai giudici nei verdetti. Ma la scelta della Figc (e della Juventus) di non costituirsi al cospetto del Collegio di Garanzia del Coni (che ribaltò i due provvedimenti) aiutò a rinviare lo scontro. Il motivo scatenante la scelta della Federcalcio di vietare le multiproprietà, introducendo l’obbligo di cedere uno dei club di famiglia entro il 2024, a prescindere dalla serie di appartenza. Ecco, secondo De Laurentiis una norma incostituzionale: perché nel 2018, quando fu acquistato il Bari, superando la concorrenza di altre 10 proposte, in un contesto in cui vigeva la famosa deroga, le regole erano diverse e le multiproprietà erano legali.
Non è giusto - secondo i De Laurentiis - cambiarle in corsa. Quello delle multiproprietà è la madre delle battaglie sul campo. Che poi si sono portate dietro tutte le altre: come la scelta del presidente della Lega Calcio, Casini, sostenuto fin dal primo giorno proprio da De Laurentiis e Lotito ed eletto per appena un voto (11 contro 9). Attorno all’elezione del presidente della Lega, il vero nodo degli ultimi anni: i fondi di investimento. Che i club alleati di De Laurentiis (e quindi ora con Casini) non vogliono che facciano il proprio ingresso in serie A. Missione compiuta, fino ad ora. E infatti, fin dall’inizio la linea di Casini è stata di “smarcatura” rispetto al passato: per esempio sul famoso indice di liquidità fissato a 0,5 e diventato ammissivo per l’iscrizione già dal prossimo campionato da parte della Figc (il Napoli sarebbe uno dei pochi club a potersi regolarmente iscrivere). La Lega, tramite i propri legali Vaccarella, Mattarella e Presutti, ha però notificato il ricorso al Tribunale Federale Nazionale, al Collegio di Garanzia e al Tar del Lazio il provvedimento contro il manuale di licenze nazionali. Uno scontro istituzionale tra i più eclatanti degli ultimi tempi. Insomma, c’eravamo tanto amati...
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Il Mattino