Doping, capitan Lucioni non ci sta: «Non ho colpe, voglio giocare»

Doping, capitan Lucioni non ci sta: «Non ho colpe, voglio giocare»
Fabio Lucioni ha raccontato la sua verità. Il capitano del Benevento ieri a Roma è stato ascoltato per circa mezz'ora da Alberto Cozzella, Procuratore Capo di...

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Fabio Lucioni ha raccontato la sua verità. Il capitano del Benevento ieri a Roma è stato ascoltato per circa mezz'ora da Alberto Cozzella, Procuratore Capo di Nado Italia, l'organismo che gestisce i controlli antidoping sul territorio nazionale per conto del Coni, e ha ribadito, con l'aggiunta di diversi particolari, quanto già sostenuto in alcune dichiarazioni rese alla stampa nelle ore immediatamente successive alla sospensione cautelativa di 60 giorni (che può essere prorogata, una sola volta, di ulteriori 30 qualora fosse necessario) inflittagli lo scorso 22 settembre dalla Prima Sezione del Tribunale nazionale antidoping, in accoglimento dell'istanza proposta dalla Procura con le medesime competenze.


«Sono sereno - ha affermato Lucioni al termine dell'audizione - ho fiducia nella giustizia e spero che tutto possa risolversi in tempi brevi e nel migliore dei modi. Non ho alcuna responsabilità diretta e mi auguro solo di tornare al più presto in campo».

Il difensore centrale giallorosso ha spiegato che lo spray cutaneo contenente il clostebol metabolita (si tratta del Trofodermin, farmaco di uso abbastanza comune), un anabolizzante inserito nella lista delle sostanze proibite dalla Wada (l'organizzazione mondiale per la lotta al doping) e classificato come steroide androgeno di natura esogena, gli è stato somministrato dal medico sociale, in una sola occasione, al termine di una seduta di allenamento per curare una ferita alla gamba che faticava a cicatrizzarsi. La strategia difensiva è palese: al difensore il farmaco (sulla cui scatola esterna è impresso il disco rosso con la dicitura doping) non è neppure passato per le mani, ma l'applicazione è stata effettuata direttamente dal medico sociale.

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Il Mattino