Ferlaino in Argentina sulla tomba di Maradona: «Ci ha aiutato a vincere il terzo scudetto»

«Sono sicuro, c'è stata la sua mano dal cielo»

Corrado Ferlaino in Argentina sulla tomba di Maradona
Corrado Ferlaino è rientrato dall'Argentina, al termine di un viaggio d'amore. Quello nei confronti di Maradona, a cui ha reso omaggio domenica 4 giugno al Jardin...

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Corrado Ferlaino è rientrato dall'Argentina, al termine di un viaggio d'amore. Quello nei confronti di Maradona, a cui ha reso omaggio domenica 4 giugno al Jardin Bella Vista, il cimitero dove El Diez è sepolto dal 26 novembre 2020. Ha incontrato vecchi amici di Diego e l'ex manager Coppola. E ha parlato con i media argentini del suo rapporto col Pibe. Attribuendogli un potere soprannaturale. «Ci ha aiutato a vincere da lassà il terzo scudetto».

L'ingegnere, che prese Maradona nel 1984 e lo vide andare via sette anni dopo a causa della squalifica per doping, ha detto: «Il Napoli durante la mia gestione ha vinto due campionati. Da quando sono andato via, nessuno era arrivato a conquistare il terzo titolo, invece arrivato in queste settimane. Noi abbiamo vinto perché avevamo Diego in squadra, altrimenti non ci saremmo riusciti. E stavolta abbiamo vinto sempre perché c'era sempre lui: ha giocato in cielo». Parole toccanti di un uomo che a 92 anni ha voluto onorare la promessa fatta a se stesso dopo la morte del Capitano dei due scudetti e della Coppa Uefa, volando in Argentina con la compagna Roberta Cassol.

Traspare un tono commosso. «Cosa fu Maradona per il Napoli? Fu tutto. Quando andai a prenderlo a Barcellona sapevo che era il migliore giocatore al mondo ed ecco perché andai in Spagna. Me ne dissero tante: che era infortunato, che era grasso, che non era su un buon livello calcistico... Non diedi retta a nessuno e andai a Barcellona per chiudere la trattativa. Ci eravamo informati, certo. E avevamo accertato che quella non era la verità e che stava molto bene. Semplicemente voleva andare via dal Barcellona perché in lite con la società. Quell'affare fu il massimo nella mia esperienza calcistica e mi diede grande gioia. Non fu la nostra una convivenza facile perché eravamo entrambi uomini di forte personalità però con un po' di diplomazia arrivammo a un accordo. Era un ribelle ma buono d'animo». 

E poi un raffronto con il presente. «Il Napoli di allora compensava la differenza con altri club, anzitutto economica, con Maradona e il sacrificio. La squadra di oggi non si può comparare a quella perché oggi circola più denaro. Ciò che unisce i due Napoli è la fame di vittorie. Il finale di Diego fu amaro perché si vedeva che non stava bene. Il resto fu soltanto allegria. Amava Napoli e l'Argentina, come me».

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Il Mattino