Hamsik eroico con la Slovacchia: il suo rilancio passa dagli Europei

Hamsik eroico con la Slovacchia: il suo rilancio passa dagli Europei
Due istantanee: all'81’ Marek Hamsik soffia, ma sarebbe meglio dire scippa, la palla a Zielinski che tenta una percussione delle sue sulla tre quarti avversaria. A fine...

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Due istantanee: all'81’ Marek Hamsik soffia, ma sarebbe meglio dire scippa, la palla a Zielinski che tenta una percussione delle sue sulla tre quarti avversaria. A fine partita, dopo la vittoria della sua Slovacchia contro la Polonia favorita, raduna i compagni sotto la curva dei tifosi. Delle sue aperture al volo, dei suoi tocchi di prima, della sua visione di gioco, tutto s'è detto ed erano doti di cui tutto si sapeva. E che nessuno ha mai messo in discussione. Ma Hamsik con il tempo, e l'esperienza, ha imparato a fare il capitano, a essere una guida in campo e un uomo spogliatoio, la chioccia giusta per far crescere i più giovani attorno a lui. Questo è il campione tornato dalla Cina, accasatosi a Goteborg, in Svezia, e ora passato al Trabzonospor, in terra turca.

«È incredibile, è difficile da descrivere. Poche persone si aspettavano la vittoria oggi, ma ci siamo riusciti. Poteva andare meglio, non giocavo una partita da un mese, ma mi sentivo bene» le sue parole sui canali ufficiali dell'Uefa. Hamsik è rimasto in campo sino alla fine. D'altronde lo aveva detto che avrebbe potuto giocare anche tutti i 90 minuti. Certo, ora c'è subito un'altra gara da giocare, contro la Svezia, che a sorpresa ha strappato un buon pareggio alla favorita Spagna. È già uno spareggio. Chi vince ha più di un piede dentro il passaggio del turno. E se c'è una cosa che fa rabbia ora, è che uno come Hamsik stia passando gli ultimi anni della sua interminabile carriera, quasi tutta targata Napoli, nei campionati minori europei. Hamsik ha dimostrato di poter essere ancora un faro. A Goteborg è rimasto un paio di mesi, il tempo di giocare cinque partite da titolare nelle otto disputate dalla sua squadra. Ma decine di tifosi in Svezia lo hanno acclamato al suo arrivo. Poi la chiamata dei turchi. Presentazione più preparata, presentato come un gladiatore, con elmo e spada, nello stadio di casa. Quello che è rimasto è il suo numero di maglia, il 17. Scelto, come spiegò un giorno, perché nella sua data di nascita c'era sempre il 7, che però era aoccupato, per cui scelse il 17. Alla faccia della scaramanzia, però ha avuto ragione lui. 

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Il Mattino