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Entra, segna e poi manca il pareggio. Dries Mertens è ancora un calciatore decisivo, vivissimo, tanto che in campo porta anche una cattiveria che era mancata prima. I suoi movimenti sono elettrici, a differenza di quelli di Insigne troppo troppo sinuosi e riflessivi. Mertens pendolare della panchina entra per offendere, arpionare il pallone, infiltrarsi, sporcare le possibilità di passaggio della linea difensiva interista, e lo fa, tanto che per i suoi piedi passano i sussulti tardivi e concitati del Napoli. Irrompe in una calma da amministrazione della partita, con moltissimi errori e pochissima volontà su tutti Ruiz che permette a Correa di attraversare il campo come se fosse di grano, senza insidie e poi porta al gol di Lautaro senza insolenza, che si vede solo con l'ingresso in campo dell'attaccante belga. Mertens a istinto va a cercare il gol, se lo inventa, in una partita apparentemente chiusa, con l'Inter che chiude e palleggia, invece lui saccheggia il palleggio avversario, va a strappare il pallone, e prova a innescare un principio d'attacco senza ruggine. Il Napoli è apparso molto farraginoso, dispersivo, attendista, e solo sul finale, in apnea, ha provato ad essere quello di sempre, e il merito è di Mertens, seguito solo da Anguissa. Purtroppo Elmas rimane un cincischiatore, mentre Lozano tende alla chiusura sul fondo, alla finta di allargo a destra andando di fatto a chiudersi lui fa la porta girevole, tiene il pallone scarabocchiando dribbling in tondo.
Mertens ha eleganza e dominio, e una sfrontata disinvoltura nel cercare il tiro, avendo dalla sua una tecnica finissima.
Il Mattino