Italia-Svizzera, Mancini insaziabile: «Vogliamo vincere tutte le partite»

Italia-Svizzera, Mancini insaziabile: «Vogliamo vincere tutte le partite»
Squadra che vince non si cambia. E Mancini non si sottrae al vecchio adagio. Un adagio che mai come stavolta si rivela vincente. La bell'Italia che venerdì scorso aveva...

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Squadra che vince non si cambia. E Mancini non si sottrae al vecchio adagio. Un adagio che mai come stavolta si rivela vincente. La bell'Italia che venerdì scorso aveva annientato la Turchia nel match inaugurale dell'Olimpico si ripresenta con lo stesso abito e un solo nuovo bottone: Di Lorenzo, che prende il posto dell'acciaccato Florenzi. A Mancini non piace stupide con effetti speciali e clamorosi colpi di scena, preferisce l'usato sicuro per mettere in cassaforte quanto prima il pass per gli ottavi. Poi, col Galles, quando in palio ci sarà solo il primato del girone, eventualmente si potrà pensare a qualche esperimento. 

Ecco perché la squadra che il Mancio manda in campo contro la Svizzera è solida e decisa. All'entusiasmo dell'esordio si aggiunge la fiducia infusa dalla vittoria contro la Turchia. E così la prova - la seconda - convincente dell'Italia è figlia di geometrie chiare, accelerazioni repentine e quell'idea di calcio verticale che Mancini ha inculcato nelle menti dei suoi ragazzi come il migliore dei maestri di ipnosi. Come detto, confermati in blocco 10 su 11 dell'esordio, ovvero il tridente del Sud (Berardi, Immobile, Insigne) e la mediana di qualità (Barella, Jorginho, Locatelli). E nell'Italia di tutti, trovano spazio - e che spazio - i ragazzini terribili del Sassuolo. Locatelli e Berardi sono cresciuti con le idee del calcio spettacolo di De Zerbi e con la maglia azzurra fanno esattamente le stesse cose. Il ct non va nel panico quando gli svizzeri si presentano con un assetto offensivo e provano a schiacciare dietro l'Italia. I suoi ragazzi reggono l'urto con la maturità delle grandi, incassano i colpi senza farsi mettere all'angolo e alla prima occasione la buttano dentro. «La Svizzera è una squadra forte: è stata una partita durissima, ma dovevano chiuderla prima», spiega il ct al fischio finale. «La vittoria è strameritata e l'abbiamo ottenuta pensando di volerla vincere a tutti i costi. La dedica è per tutti».

Nemmeno l'infortunio del capitano azzurro a metà primo tempo manda in aria i piani del Mancio. Con Acerbi al centro della difesa l'Italia non sbanda. Al resto ci pensano quelli lì davanti. Proprio come recita il vangelo secondo il ct: «Giocare, giocare, giocare». Perché la verticalizzazione di Locatelli per Berardi rientra nel genio del singolo, ma la mentalità di attaccare costantemente la profondità è frutto di un lavoro certosino e continuo da parte del ct. Nella ripresa, col risultato in cassaforte, anche il cambio di modulo è sintomo di sicurezza. Mancini ridisegna la sua Italia con un 3-5-2 del tutto inedito, ma che si rivela un ottimo assetto da rispolverare nelle occasioni più adatte. Ma questa è l'Italia: bella per tutte le stagioni. «I ragazzi sono stati bravissimi e il cambio di modulo è stato fatto per metterci più tranquilli: dovevamo rifiatare un po'». La mano dell'allenatore è visibile a tutto campo: dai passaggi di due metri alle verticalizzazioni. Mancio è lì che telecomanda tutto, chiama le marcature e si sbatte in panchina anche quando il risultato è oramai in archivio. La duttilità della rosa è un punto cardinale delle idee del ct che nel finale risparmia Insigne, risparmia Berardi, concede la passerella a Locatelli (l'uomo della partita), mette Toloi a suo agio con la difesa a tre e inserisce Chiesa nell'insolita posizione di seconda punta al fianco di Immobile. 

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Il Mattino