Mario Rui, la sinistra che vince: sempre più padrone della fascia

Mario Rui, la sinistra che vince: sempre più padrone della fascia
Euclide avrebbe apprezzato Mario Rui e il suo trionfo di bisettrici e diagonali e di palla a terra che fila sul prato come inviata da un demiurgo sapiente. È,...

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Euclide avrebbe apprezzato Mario Rui e il suo trionfo di bisettrici e diagonali e di palla a terra che fila sul prato come inviata da un demiurgo sapiente. È, probabilmente, uno degli azzurri più sottovalutati della rosa, perché ogni volta che splende con le sue geometrie come a Bergamo, tutti quasi si stupiscono. Le geometrie esistenziali metabolizzate con Sarri e solo in parte rivedute da Ancelotti, lo hanno portato a essere un punto fermo nel blocco difensivo d'oro di questo Napoli.


Con l'Atalanta tra i migliori, anzi il migliore se non fosse stato per la magia da tre punti di Milik: l'assist per il polacco è stato proprio del portoghese nato a Sines, la città di Vasco da Gama, quindi come il suo illustre concittadino, abituato a esplorare terre sconosciute.

Ecco, il fatto che venga visto come uno che debba tenere il posto al caldo a Ghoulam, in attesa del rientro dell'algerino, non è mai andato veramente giù al suo agente, il napoletano Giuffredi. «Perché lui non teme nessuno, avete visto come ha cancellato Mbapppé», ha detto qualche giorno fa. Mario Rui sembra che ogni volta debba dimostrare qualcosa: forse perché non è mai davvero appariscente, visto che le cose che fa meglio sono per l'appunto in difesa, magari anche quando la palla. Ha un rendimento mediamente alto ed è uno spettacolo guardarlo mentre libera la sua corsa naturale e progressiva, ed è un piacere scoprirlo così timido e sereno, ma anche solido e serio. Dietro quella faccia sembra quasi di vedere la fatica che ha fatto per arrivare fino a qui, l'impresa (riuscita) di sgombrare i dubbi di chi non lo riteneva all'altezza di giocare in questo Napoli. Figurarsi di sostituire uno che ormai veniva ritenuto uno dei più forti esterni sinistri d'Europa.
 
La rivincita e quella vendetta che, si sa, va servita fredda. Eppure cos'altro deve dimostrare Rui? Gioca con il Portogallo e nel Napoli di Ancelotti c'è sempre, nelle notti che contano. Cinque volte titolare in Champions, dove non c'è il turnover del campionato, e nove volte in serie A. Non è vero che non ha rivali da quel lato, perché quando c'è da fare alternanza, il tecnico emiliano sposta Hysaj a sinistra e schiera Malcuit (solo a Torino Ancelotti provò Luperto al suo posto). Nessun gol fino ad adesso in questa stagione: con la maglia del Napoli ne ha segnati due (uno alla Lazio e un altro su punizione al Cagliari). Ecco, non è che segni tantissimo: prima della rete alla Lazio, bisognava risalire ai tempi del Gubbio, in serie B, il 6 aprile del 2012, per trovare un'altra sua rete.


Mario ha sempre avuto il corpo dell'atleta perfetto, uno e settanta centimetri per 65 chili. Non è mai stato un predestinato, un bambino d'oro del calcio portoghese. Appariva bravino in tutto ma bravissimo in niente. Però non mollava mai. Anche con il Napoli è andata così: Sarri lo ignorava perché non lo riteneva pronto dopo la rottura del crociato durante un allenamento a Boston, in pieno luglio del 2016, con la Roma. E toccò, come sempre, al suo agente scuoterlo, più o meno un anno fa. «Forse ho sbagliato a portarti qui», gli disse. Da quel momento Rui è diventato un altro. Sia pure tra alti e bassi. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino