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A 84 anni non ha smesso di occuparsi di calcio. Qualche suggerimento a vecchi e nuovi amici del mondo che ha frequentato per oltre mezzo secolo, le apparizioni in tv da opinionista. E i ricordi. Tanti. Quelli dei trionfi alla Juve, con la drammatica conclusione del 2006, quando Luciano Moggi e il management bianconero furono investiti dall'onda di Calciopoli, un momento così sofferto da spingere l'ex ferroviere di Monticiano (Siena) a dichiarare: «In quei giorni ho pensato al suicidio». Lo ha detto nel documentario Netflix «Il lato oscuro dello sport», le stesse parole scritte dal figlio Alessandro - procuratore calcistico - nell'autobiografia pubblicata quattro anni fa.
Luciano Moggi ha una storia bianconera, anzi bianca (le vittorie) e nera (l'inchiesta della magistratura di Napoli).
Il periodo napoletano è stato più significativo, al fianco di Ferlaino e Maradona. L'assunzione di Moggi ufficializzata il 22 giugno dell'87, dopo la conquista di scudetto e Coppa Italia. Il manager Allodi era ammalato, quando arrivò Big Luciano il ds Marino rassegnò le dimissioni. Lui portò a Napoli pezzi del suo Torino: il difensore Francini e il mediano Crippa. Provò a gestire l'ingestibile Maradona, vinse Coppa Uefa, scudetto e Supercoppa, poi arrivarono le notti di Mosca e lo strappo con il Napoli. «Decisi che la mia esperienza a Napoli era finita dopo quella storia alla vigilia della partita di Coppa dei Campioni». Maradona strafatto che non partì con il volo dei compagni per Mosca, con Moggi che disse: «Chi non parte non gioca». Ma poi giocò perché in quel Napoli, di fronte alla grandezza tecnica e al dramma umano di Diego, non vi era coerenza. Luciano rimase al comando fino al 17 marzo del '91, una domenica che sarebbe entrata nella storia del vecchio e grande Napoli perché fu quella in cui Diego venne scoperto positivo al controllo antidoping dopo la partita col Bari (cocaina) e a distanza di qualche giorno squalificato. Moggi chiuse proprio quel giorno il rapporto col Napoli, non dopo Mosca: a distanza di trent'anni c'è chi si chiede ancora perché.
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