Nonostante qualcuno ancora ritenga che il calcio femminile sia uno sport minore rispetto a quello maschile, le azzurre ce la mettono tutta per dimostrare il loro valore e dopo la...
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Non mancano però gli attacchi: «Le donne non sanno nulla di calcio, figurati a giocarlo», «C’è un abisso fra una partita di calcio giocata da uomini e una giocata da donne. Quello che chiamate calcio femminile è uno sport inutile, lento, noioso, poco tecnico e poco fisico. Non paragonate, il calcio è roba da uomini». Le azzurre però rispondono sul campo dando uno schiaffo al mondo maschilista e dimostrando nei fatti che dopo la delusione della nazionale maschile loro possono lottare ad alti livelli. Eppure la discriminazione si sente anche attraverso il comune linguaggio talvolta inconsapevolmente sessista diffuso tanto nelle piazze virtuali quanto in quelle reali: «L’uguaglianza di genere è ancora lontana, in tanti ancora sono aggrappati all’idea che il calcio sia una roba da uomini», «Troppi cliché ora che si sta cercando di creare interesse per il calcio femminile», «Una mentalità retrograda che ha radici dure a morire», replicano le numerose appassionate di calcio.
E in effetti è ancora considerato strano che una bambina voglia giocare a calcio o che più in generale una donna si appassioni a questo sport e che ne voglia parlare in maniera tecnica al pari di un uomo. Se fecero tanto discutere le parole di Collovati, il suo pensiero resta tuttavia più diffuso di quanto si immagini camuffato da falso senso di giustizia e uguaglianza: in realtà resta impregnata l’arroganza maschilista intorno al pallone. «Basti pensare che la Federcalcio ha delle leggi assolutamente sessiste e misogine che puntano a mandare avanti solo il calcio maschile. Quando gioca sia la squadra maschile che quella femminile il campo da calcio e l’ordine di gioco vanno sempre a favore delle squadre maschili anche quando queste ultime giocano per riconoscimenti minori, continuando a favorire anche mediaticamente la diffusione solo del calcio giocato da uomini», fanno notare sulle pagine social dedicate al calcio femminile.
E ad alzare la voce ci aveva pensato negli ultimi giorni anche Marta, la numero 10 brasiliana che col suo tiro dal dischetto ha beffato Laura Giuliani superando il record di reti segnate in un Mondiale che apparteneva a Klose, finora miglior goleador della storia a quota 16 gol. Diventata fonte d’ispirazione per migliaia di ragazze e bambine che si avvicinano a questo sport, proprio lei si batte da tempo per l’eguaglianza fra uomo e donna - come testimoniano i suoi scarpini – e non rinuncia alla sua femminilità: ne è un esempio il vistoso rossetto esibito anche contro l’Italia mentre disegnava calcio sul rettangolo verde, quasi a voler sfidare chi dice che è un gioco solo per uomini. «Una grande donna e professionista», «Può insegnare tecnica a qualsiasi uomo», si legge sui suoi profili social. «Le ovvie differenze fisiche e atletiche fra i due sessi che in ogni disciplina ci sono e persistono da secoli non dovrebbero rendere uno di Serie A e l’altro di Serie B».
Intanto impazza l’hashtag #RagazzeMondiali e in una partita difficile e avvincente come quella col Brasile seguita su Sky e sulle reti Rai, non possono che arrivare una marea di applausi per la gestione della gara: «Questa squadra meritava di vincere, ma va bene così; è più forte anche della Francia, può arrivare lontano». Così oltre le polemiche in tanti preferiscono godersi lo spettacolo. Perchè in realtà il calcio dovrebbe unire, rompere le barriere, allargare i confini: «Brave ragazze… il calcio è di tutti».
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Il Mattino