Napoli, Mazzarri come Ancelotti ma Walter fu il re di coppe

Napoli, Mazzarri come Ancelotti ma Walter fu il re di coppe
C'è stata una stagione in cui il Napoli scivolò fuori dalla zona Champions ma dopo essere arrivato agli ottavi della massima competizione europea e vincendo la...

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C'è stata una stagione in cui il Napoli scivolò fuori dalla zona Champions ma dopo essere arrivato agli ottavi della massima competizione europea e vincendo la Coppa Italia, pochi giorni dopo la fine del campionato. A due velocità come questa fu anche la penultima annata di Mazzarri sulla panchina azzurra. Stagione 2011-2012, gli attaccanti erano i sudamericani Cavani e Lavezzi, a centrocampo il venticinquenne Hamsik e un compatto blocco italiano con il capitano Paolo Cannavaro e l'altro centrale Aronica, il portiere De Sanctis, gli esterni Maggio e Dossena. Una squadra che si piazzò quinta. Allora la Champions non assegnava all'Italia quattro posti, ma due (e con il terzo si accedeva al preliminare). Quel gruppo riuscì ad arrivare agli ottavi di Champions, dove fu eliminato dal Chelsea futuro campione, e vinse la Coppa Italia battendo all'Olimpico la Juve neo scudettata di Conte (zero sconfitte in 38 partite di campionato) con i gol di Cavani e Hamisk. Lavezzi scoppiò in lacrime: pochi giorni dopo sarebbe emigrato al Paris St. Germain.


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Il quarto posto, almeno quello, è irrinunciabile per De Laurentiis, che tornerà da Los Angeles poche ore prima della supersfida di mercoledì 27 a Liverpool. Lo scenario, otto anni fa, era differente sotto l'aspetto economico: quella rosa aveva costi di gestione inferiori, dunque sostenibile una stagione fuori dalla Champions grazie a una cessione pesante, come lo fu quella di Lavezzi, passato al Psg per 30 milioni. Gli stipendi netti del Napoli 2011-2012 ammontavano a 41,2 milioni, quelli della squadra di Ancelotti a 103 e peraltro sono in corso trattative per rinnovi con sostanziosi aumenti di ingaggio. Davanti al Napoli, sbandato dopo l'ammutinamento del 5 novembre, vi sono anche altre due strade, come accadde per quella squadra che la gente sentiva molto vicina perché pochi mesi prima era riuscita nell'impresa di conquistare la qualificazione alla Champions. Avanti in Europa e conquista della Coppa Italia, ecco le strade.

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Ancelotti deve dare un'immediata sterzata in campionato, che presenta - a poco meno di un terzo - un quadro sorprendente rispetto alle prime 12 giornate di un anno fa, il primo di Carlo sulla panchina azzurra. Nel 2018 la percentuale di vittorie era stata del 75 per cento (9); ora è del 41 per cento (4). In cosa è la differenza? Al di là dei problemi che il Napoli si è maldestramente creato in casa, c'è da sottolineare la differenza delle due formazioni. Ancelotti cominciò il campionato 2018-2019 con una sola novità rispetto alla squadra che schierava Sarri: il portiere. In questa stagione i cambi sono stati più numerosi perché vi sono state partenze significative (Albiol) e investimenti più corposi sul mercato che hanno indotto a un turnover più accentuato. Ma è chiaro che il passo avrebbe dovuto essere un altro per tenere accesa la speranza di battersi per lo scudetto, o quanto meno lottare alla pari dell'Inter per la piazza d'onore: bianconeri e nerazzurri hanno creato il vuoto alle loro spalle, Lazio e Cagliari sono a -7 dal secondo posto.

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L'analisi delle prime 12 giornate, dalla prima stagione in serie C (2004-2005, Ventura in panchina) a questa, fa emergere che il migliore rendimento vi è stato nel terzo e ultimo anno di Sarri, quello in cui l'illusione tricolore sembrò avere contorni più concreti: 83 per cento di vittorie (10). Molto bene era partito anche Benitez nella stagione 2013-2014 (75 per cento, 9 vittorie). Le partenze più sofferte - 33 per cento di successi - furono quelle di Mazzarri nel 2011, perché la coperta era abbastanza corta e le energie vennero assorbite dalla Champions; di Reja nel 2007-2008 (primo anno in serie A) e di Ventura. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino