Si dice che gli occhi siano lo specchio dell'anima, e quelli di Lorenzo Insigne mercoledì sera alla Luminus Arena di Genk era più loquaci dello specchio delle...
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L'attaccante napoletano era turbato già alla vigilia della gara in Belgio. Nervoso nella rifinitura del giorno prima, anzi come ha ammesso lo stesso Ancelotti: «Poco brillante». Ecco perché l'allenatore del Napoli ha deciso di tenerlo fuori dai giochi riservandogli una gelida serata sulle tribune dell'impianto di Genk.
Ancelotti è dovuto salire in cattedra da bravo professore, quello che non prende di punta nessuno dei suoi alunni, quello che non è umorale e non vive di simpatie e antipatie. Il suo ruolo è quello di gestire un gruppo formato di tanti ragazzi e di farli rendere al meglio. Non usa fare preferenze, nemmeno se si tratta del capitano della sua squadra. In tal senso con Insigne è stato chiaro fin dal primo momento e probabilmente questo suo modo di fare non è stato digerito al meglio da Lorenzo che avrebbe preferito un trattamento diverso. Ecco perché sono arrivate le frecciatine in estate sul desiderio di giocare in un'altra posizione.
Messaggi più o meno velati circa una precisa volontà di leadership da parte di Lorenzo. Ma le scelte le prende l'allenatore, che viste le circostanze e le necessità della sua squadra, ha ritenuto di percorrere altre strade. Parlandone sempre, perché Ancelotti è uno schietto, uno che le cose non le manda certo a dire, perché non si diventa «leader calmo» con la frusta ed i silenzi. E allora anche prima della partita di Genk, Ancelotti e Insigne si sono parlati: l'allenatore ha spiegato al suo capitano che non era rimasto soddisfatto delle prestazioni nelle ultime gare (su tutte quella col Cagliari) e gli ha fatto capire che in Belgio sarebbe rimasto a guardare. Lorenzo, dal canto suo, ha sperato fino all'ultimo minuto di riuscire a far cambiare idea all'allenatore e di essere schierato dall'inizio. Speranza vana.
Ecco spiegati quegli occhi così pieni di pensieri. Il dispiacere di non essere della partita, unito a quello di chi sa che il feeling con l'allenatore non è dei migliori. In un attimo i sorrisi messi in mostra nelle ultime settimane tra concerti e feste di compleanno sono svaniti nel nulla, ma da professionista ha accettato la decisione in silenzio. Non come suo fratello maggiore Antonio che nella giornata di ieri si è lasciato scappare un commento - poi tempestivamente rimosso - sui social. «Nemmeno le palle di dire la verità, un gol o un assist ogni 63 minuti: giusto, è poco brillante», ha scritto con evidente delusione per la tribuna del capitano azzurro contro il Genk. A fare da pompiere, allora, ci ha pensato Mino Raiola, il potentissimo agente che gestisce Lorenzo. Lo ha tranquillizzato e gli ha fatto capire che quella di Ancelotti è stata solo una lezione per il futuro e che tra lui e l'allenatore non ci devono essere attriti o frizioni.
Lo stesso Carlo ha fatto capire dopo Genk che ha voluto preservare Insigne per la prossima partita (già a Torino domenica pomeriggio), come a dire che il capitolo poteva ritenersi chiuso con quella tribuna. Magra consolazione per Lorenzo, perché i suoi occhi, anche dopo il pareggino in Belgio, hanno continuato a essere scuri e pieni di pensieri. L'anima allo specchio continuava a chiedersi «chi fosse il più bello del reame»: nessuna risposta. L'ultima parola spetterà ad Ancelotti, che già a Torino è pronto a mandare il suo messaggio da leader calmo offrendogli l'occasione per il riscatto. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino