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Lasciate che i bambini vadano a lui. Ce ne erano una cinquantina almeno ieri pomeriggio, alla ripresa degli allenamenti. Ospiti del club e degli sponsor. Capita spesso. E Luciano Spalletti li ha accolti col suo sorriso migliore, dimenticando il broncio che, in realtà, conserva solo per i momenti istituzionali. Magari, con lo scudetto, cambierà tutto. Ma intanto il tecnico di Certaldo ha provato a non intenerirsi travolto dalla bolgia di entusiasmo dei ragazzi arrivati nel centro tecnico che, a fatica, hanno provato a seguire le gesta dei propri eroi senza cantare cori o altro. La squadra non si stupisce e neanche Spalletti di questa euforia: sono giorni unici, attesi da troppo tempo. Ed è chiaro che ognuno di loro ha toccato con mano la travolgente passione che si assapora in queste ore. Ieri sera, al Magnolia a Vico Belledonne a Chiaia, nel centro di Napoli, si è celebrata la prima delle tante cene per festeggiare lo scudetto organizzate dallo staff azzurro (ieri è toccato al vice presidente Edo De Laurentiis).
I giocatori con le proprie famiglie, accolti da Paolo Arianetto, hanno brindato fino a tarda sera, con molti professionisti della città e con Di Lorenzo (che ha portato con sé la figlia neonata) che ha ricordato alla squadra che il presidente - sabato scorso al Britannique - ha garantito un bonus per la conquista del titolo italiano e per il cammino in Champions. C'era anche lo chef Gennaro Esposito. Un allegro Luciano si fa abbracciare dal calore delle persone che attendono all'esterno del locale: firma autografi e manda anche due video di auguri ai tifosi. All'interno un maxi-schermo: c'è Milan-Inter. Potevano e dovevano giocarla loro la semifinale di Champions.
Inutile per la squadra scrutare il volto di Spalletti per capire quali sono le sue intenzioni per la prossima stagione: non ha mai parlato delle sue incertezze con nessuno dei calciatori.
Ma arrivano dei segnali che vanno verso la permanenza: per esempio, quelli del suo staff stanno organizzando per metà giugno i sopralluoghi a Dimaro per preparare il ritiro. Insomma, piccoli, grande indizi. Anche l'allenatore del terzo scudetto, in ogni caso, viene colpito dal tricolore con il numero 3 piazzato all'ingresso di Castel Volturno. Il club ha giocato d'anticipo: non ha atteso il 4 giugno, già ha iniziato ad arredare il suo quartier generale con il simbolo della vittoria. Spalletti ha un altro anno di contratto e tra oggi e domani non è escluso che possa arrivare un invito a cena da parte di Aurelio De Laurentiis anche per iniziare a discutere dei piani della prossima estate.
D'altronde, ricorda, l'opzione unilaterale esercitata con la Pec è stata accettata dal tecnico due anni fa, nel momento in cui venne raggiunta l'intesa. Ovvio, la questione è di natura tecnica, nel senso che Spalletti è consapevole che lo scorso anno partirono giocatori col rendimento in calo. Quest'anno il discorso è differente. Ma è anche una questione di prospettive: Lucianone sa che ci sarà un grande domino nelle panchine d'Europa e attende che qualcuno gli avanzi qualche proposta. Perché, a 64 anni, potrebbe anche avere voglia di una avventura magari in Premier.
Il Napoli prima ancora di provare a strappare il ds Pietro Accardi all'Empoli, ha presentato al patron Corsi due offerte: una per il portiere Vicario e l'altra per la stellina Baldanzi. Un nuovo assalto nei giorni scorsi e un altro sondaggio anche per l'esterno Parisi. Tre piste aperte che servono a dare smalto a un vecchio rapporto che, però, negli ultimi tempi, si è un po' raffreddato. Vicario e Baldanzi sono due talenti che piacciono e non poco a De Laurentiis e che sono, ovviamente, scollegati dall'eventuale ingaggio di Accardi come ds. Ma, ovvio, è un modo per ottenere il via libera dall'Empoli con cui è legato ad altri due anni di contratto. Vicario e Baldanzi hanno come chiave di lettura due nodi: i rinnovi di Meret e Zielinski. È chiaro che il Napoli prova a tutelarsi in prospettiva. Ecco, i contratti: Cristiano Giuntoli (che ieri sera era a San Siro ad assistere a Milan-Inter) è vincolato fino al 2024 ma difficile pensare che il patron non lo lasci partire dopo anni di fedele servizio.
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