Napoli ai piedi di Mertens e Insigne, quelle carezze al talento

Napoli ai piedi di Mertens e Insigne, quelle carezze al talento
I quattro a tre come insegna il nostro Gianni Brera son sempre figli di molti errori, da una parte e dall'altra, ma ci sono anche le finezze, e queste appartengono a Lorenzo...

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I quattro a tre come insegna il nostro Gianni Brera son sempre figli di molti errori, da una parte e dall'altra, ma ci sono anche le finezze, e queste appartengono a Lorenzo Insigne e Dries Mertens. Il primo come dopo ogni partita con la Nazionale torna rinfrancato, col morale a mille e la voglia di strafare, e infatti segna seppure un gollonzo con due deviazioni , fa segnare Osimhen e poi sperpera come nemmeno un magnate russo al mercato del pesce di Tokyo. Mertens, invece, più morigerato, tocchicchia, corseggia, amministra fisico e fiato, e poi segna su punizione dimostrando di essere tra gli ultimi appartenenti a un genere che sta sparendo: i calciatori capaci di tirare le punizioni, prima se ne trovava sempre uno per squadra, ora è difficile trovarne uno ogni dieci squadre, se va bene.

A parte i modi diversi di arrivare in porta è evidente che le vittorie del Napoli sono legate a questi due calciatori, alle loro capacità tecniche e alla fantasia che usano per sfoderarle. A parte il gol, che trova due deviazioni dei difensori del Crotone prima di infilare Alex Cordaz, Insigne per tutta la partita ha dribblato, è disceso, ha tirato e ritirato da fuori area cercando di sorprendere il portiere e in area, alto e di lato, su punizione e a volo, ma ogni errore è cancellato dal suo cross a volo, di punta esterna, per Osimhen: salta a un metro da terra e in acrobazia appoggia al centro per l'attaccante nigeriano che deve solo spingere in porta. C'è l'Insigne migliore nel gesto: l'invenzione da trapezista, la precisione da regista e la consapevolezza da calciatore che domina lo spazio e i movimenti degli avversari e dei compagni. Saltando raggiunge il pallone che sta fuggendo via, gli cambia traiettoria indirizzandolo con precisione verso Osimhen che si trova nell'area piccola dall'altra parte. Fa l'unico gesto possibile per non sprecare il pallone, tanto che sembra dire all'attaccante dovremmo esserci capiti ora, perché Osimhen, se è vero che recupera molti palloni lottando fuori dall'area, è anche vero che ne perde troppi in area senza riuscire a tirare. Ma l'appoggio d'Insigne è impossibile da mancare, persino da certe scompostezze osimheniane.

Un gioco di prestigio, invece, è la punizione di Mertens. Negli anni passati tutti stavano attenti a non concedere punizioni dal limite, quasi al pari del fallo in area, perché c'era sempre qualcuno capace di mettere il pallone in porta facendogli scavalcare la barriera, oggi non ci si pensa perché i calciatori bravi a compiere quel gesto si contano in poco. Mertens non ha quella media, ma ha quelle capacità, se si allenasse a tirare ancora un po' potrebbe evocare uno come Zola: ha il piede da briscola, l'ardire di tentare, sa dove tirare, come dosare spinta e usare il corpo, c'avesse pensato prima, o avesse avuto più coraggio oggi avrebbe più gol su punizione, che rimane un gesto magico, molto più interessante del rigore, perché ha una difficoltà enorme: tra barriera e distanza e portiere. La punizione è una possibilità lasciata cadere dal calcio, perché richiede troppa tecnica, che ormai è in minoranza rispetto alla fisicità. Saper tirare le punizioni è la vera grande caratteristica dei campioni, e questo fa di Mertens un calciatore con un grado in più. Potrebbe esercitarsi anche Insigne, perché c'entra l'esercizio, per dire Michael Jordan racconta sempre dei suoi novemila tiri sbagliati inseguendo l'infallibilità che poi l'ha caratterizzato. Con uno in più, per Insigne anche due, una ricerca di precisione con carezze al talento: avremmo più bellezza, ma in questa stagione di errori, mancanze e stadi vuoti, ci si accontenta.

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Il Mattino