Napoli-Fiorentina, Insigne è Lorenzo il Magnifico e fa magie alla Zidane

Napoli-Fiorentina, Insigne è Lorenzo il Magnifico e fa magie alla Zidane
Come prologo un gol, di primo piede, per dire a Prandelli e alla sua Fiorentina che non era aria, poi una infilata zidanesca che porta a spasso quattro avversari e fa segnare...

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Come prologo un gol, di primo piede, per dire a Prandelli e alla sua Fiorentina che non era aria, poi una infilata zidanesca che porta a spasso quattro avversari e fa segnare Lozano, infine un rigore e poi il riposo pre-Juventus. Lorenzo Insigne scrive il suo nome sulla partita, Gattuso esce a rivedere le stelle, il Napoli torna a goleare e Prandelli dimostra ancora una volta le sue calcistiche tortuosità melliflue. Ma su tutti c'è Insigne che ci mette la soavità pratica di quando gioca in Nazionale, quello che ieri era astratta superiorità pallonara oggi torna ad essere tirannico esercizio tecnico di bellezza. Infiamma e spreca per due partite e poi realizza tutto al meglio contro la Fiorentina, si fa luna park: emozione, ritmo, giostra e soprattutto gol, costringendo Gattuso al passaggio dalla costernazione alla felicità. Nemmeno si era cominciato a palleggiare che allarga per Lozano che ormai giganteggia come se giocasse in Italia da anni che al solito scende sulla destra allarga e crossa, Petagna si ricorda che può essere una utile sponda per i compagni e si lascia usare: appoggio con restituzione di un pallone che ha preso strade sghembe ma poi è tornato dal suo ispiratore Insigne che lo spedisce con precisione e leggerezza verso l'unica direzione possibile: la porta del portiere hipster della Fiorentina, Bartlomiej Dragowski. Poi il Napoli risegna con Demme, e Insigne viene avvolto dall'alone dell'unicità che di solito lo coglie in Nazionale quando si sente autorizzato a strafare: pallone sulla sinistra alta, poco dopo il centrocampo, spalle alla porta, accerchiato da Sofyan Amrabat, Lorenzo Venuti, Nikola Milenkovic, German Pezzella, finta di tornare indietro e invece vira e avanza, finta e avanza, e poi apertosi un corridoio se ne va, sfila sereno, conosce la strada, deve solo fare quello che fa da anni: far sfilare il pallone sul secondo palo dove un tempo Callejon coglieva la coincidenza e ora arriva Lozano a ripetere il gesto, a prendersi il pallone perfetto per il tre a zero, e buonanotte alla Fiorentina, che non commette falli e si guarda affondare, in fondo la bellezza per realizzarsi ha bisogno di avversari miti, che non interrompono l'emozione della sua costruzione. Ha zidaneggiato e tagliato alla Fontana il pittore dei tagli che aprivano a una nuova dimensione: non importa che ci sia un andaluso o un messicano dall'altra parte, l'importante è aprire, e poi, certo, segnare.

Dopo una azione così Insigne dovrebbe solo uscire, non ha altro da fare in campo, Zielinski ha anche segnato il quarto gol, trasformando la partita in una partitella, anche se la fragilità gattusiana rimane, come il continuo up e down da riflesso d'insicurezze e inesperienza, e proprio quando ormai la partita sembra votata a vecchio congresso della Dc dove è già tutto deciso e tocca solo completare il rito, Castrovilli aggancia Bakayoko che ha dimostrato un'improvvisa irripetibile mobilità che la sua natura non pensava di possedere : rigore. Tocca a Insigne. Faccia a faccia con Dragowski. Piazza il pallone ai margini del dischetto, il portiere protesta inutilmente: rincorsa, saltello, interno destro senza eccentricità ma solo con angolazione massima e niente da fare per le mani dell'hipster in completo giallo. Doppietta di Insigne che dimostra di avere una perfidia irrimediabile quando si tratta di tirar rigori. Cinque a zero. Dopo Politano farà il sesto. Insigne è uscito ad aspettare il finale dalla panchina, dove Gattuso non smette di voce comandare, nonostante il suo Napoli sembra aver ritrovato la geometria calcistica, seppure non euclidea.

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Il Mattino