Napoli-Genoa, i dubbi della scienza: ​«Ora le due squadre in quarantena»

Napoli-Genoa, i dubbi della scienza: «Ora le due squadre in quarantena»
Un'anomalia. Un caso di specie. Insomma, un focolaio che non solo getta ombre sul campionato di A, ma divide gli scienziati che da mesi rincorrono tesi, antitesi e pazienti...

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Un'anomalia. Un caso di specie. Insomma, un focolaio che non solo getta ombre sul campionato di A, ma divide gli scienziati che da mesi rincorrono tesi, antitesi e pazienti per certezze sul Covid-19. Delle 14 positività del Genoa, dieci sono emerse al terzo tampone effettuato a 36 ore dal secondo: errore di protocollo, errore di laboratorio, o eccezione che conferma la regola? «Che un'intero gruppo si positivizzi a distanza di pochi giorni dal precedente test, è qualche cosa che, finché non la vedo confermata, mi lascia dubbioso» è il punto interrogativo lasciato sospeso da Massimo Galli, infettivologo del Sacco di Milano. «È la Waterloo dei tamponi», il giudizio molto più netto di Matteo Bassetti, direttore della clinica di malattie infettive del San Matteo di Genova. «No, i tamponi sono test di golden standard a livello internazionale», frena Carlo Tranquilli, medico sportivo ex degli azzurri olimpici e del calcio, che ha collaborato alla stesura dei protocolli Figc. «In realtà, tocchiamo con mano i limiti di un test non infallibile: non a caso le Asl spesso chiedono un secondo tampone a 48-72 ore».


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È nella scansione oraria che potrebbe trovar soluzione il giallo dei falsi negativi tra i giocatori scesi in campo a Napoli. Con una risposta anche ai dubbi sui protocolli della serie A, per il quale il virologo Andrea Crisanti chiede la reintroduzione della quarantena. Perché la convinzione di chi ha combattuto il Covid in prima linea è che i tamponi siano precisi, ma solo come fotografia dell'attimo, e l'unica soluzione vera sia l'autoisolamento. «Siamo certi che tutti i giocatori saliti sull'aereo per Napoli erano negativi», ha assicurato oggi il dg del Genoa, respingendo il dubbio che l'errore evocato da Galli fosse al primo tampone, e non all'ultimo.

I fatti: Perin febbricitante il venerdì sera attiva la procedura al club rossoblù, con la positività il sabato mattina e un primo giro di tamponi a tutta la squadra sabato alle 11. In serata le negatività, il dubbio su Schone, un tampone rapido personalizzato, la positività (lieve, secondo fonti del club), un secondo giro di test finito all'una e trenta di notte, le negatività domenica mattina, la partenza per Napoli. Al ritorno lunedì mattina. l'avviso dell'Asl genovese, serve un altro test. E qui emergono altri 12 casi. Il protocollo Figc, ha accertato la Procura sportiva, è stato rispettato. Quello attuale prevede tamponi ogni 4 giorni, e in caso di positività isolamento del contagiato e nuovi controlli, con tamponi nel giorno dell'incontro. Il protocollo light, annunciato ma non ancora in vigore, prevede invece solo un tampone a 48 ore dalla partita. Insomma, il caso Genoa sarebbe la tempesta perfetta di una procedura giusta, ma con esiti sbagliati.
 

«Il calcio - spiega Tranquilli - ha messo in atto la miglior rete di protezione possibile per il campionato e le sue scadenze. I tamponi sono un golden standard riconosciuto a livello internazionale, ma presi singolarmente non sono infallibili. Vuoi per un errore di laboratorio, come dice il professor Galli, vuoi per gli operatori, per quanto oramai anche qui gli standard siano elevati. Ma soprattutto perché a poche ore da un contagio, la carica virale può esser così bassa da non esser rilevata dal test molecolare. Col passare delle ore, il virus si moltiplica e le cose sono diverse...», aggiunge Tranquilli spiegando il concetto di tampone come fotografia dell'istante. Per questo le Asl valutano, in caso di contatti stretti e diretti con un positivo, di ripetere il test a distanza di due o tre giorni». Come è successo col Genoa al ritorno da Napoli. «Sarebbe poi interessante capire, e questo dovrebbero chiarirlo l'Oms o il Cts - aggiunge Tranquilli - se e quanto falsi negativi, con carica virale bassa, possano contagiare avversari in campo. Personalmente, la penso come Gasperini: più facile contagiarsi nello spogliatoio che giocando, anche se in campo bisogna evitare abbracci. Aspettiamo - la conclusione - i risultati dei tamponi di Napoli: trovare contagi da partita sarebbe una scoperta scientifica». Oltre che un colpo al campionato e ai suoi protocolli. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino