È il simbolo del Napoli, ma non solo. È il simbolo del calcio italiano che non si arrende al razzismo. Ma l'altra sera, dopo la frenata con la Fiorentina,...
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No, l'altra sera non aveva compagni nel mirino: non ce l'aveva certo con gli attaccanti spreconi. Si preparava a quello che dirà oggi, quando la squadra tornerà a parlarsi, dopo l'allenamento di ieri mattina che è stato più che altro un defaticante. Ecco, il senegalese a Castel Volturno dirà che la Juventus non è così distante e che non accetterà cali di tensione, per il rispetto dei tifosi e perché la strada è ancora lunga. Non è la prima volta che si mette in mezzo, che lancia il suo urlo, il suo avvertimento alla squadra. Disse la stessa cosa esattamente 11 mesi fa, dopo lo 0-0 di San Siro con l'Inter che fece scivolare a - 2 il Napoli dalla Juve. Briciole, rispetto alla situazione attuale. Ma quella frase l'ha ripetuta, uguale.
Sa bene che quando certe parole le pronuncia lui hanno sempre un certo effetto. Per il carisma che il difensore centrale ha. Il senegalese è convinto che questa non sia ancora la resa nella lotta allo scudetto. Certo, forse è solo un grande ottimismo. Ma se lo dice, è perché Koulibaly ci crede. Nel ventre del Franchi ha visto facce tristi e affranti e allora ha deciso di alzare la sua voce. Di mettersi la squadra sulle spalle. D'altronde sa bene il peso che lui ha nel Napoli. «Non è finito ancora nulla». Quando l'ha detto aveva messo nel preventivo di ritrovarsi a 11 punti di distanza ieri sera. Ma per indole, non si è mai arreso. Figurarsi. Uno che lotta da solo contro gli ululati beceri degli stadi, non può aver paura di questa situazione. E non lo farà adesso: ma non vuole che ci sia chi pensa che il campionato sia già finito. «Chi non crede nello scudetto, si accomodi fuori», il monito del senegalese. Koulibaly ha dimostrato di essere come un patriarca che veglia sulla casa. E non è un caso che abbia preso la parola in maniera così netta dopo l'addio di Hamsik: la squadra perde un punto di riferimento importante.
Ancelotti ha condiviso in pieno la sua uscita. Ma è convinto che non sia una questione di motivazioni: la squadra non si lascerà andare ed è evidente che almeno fino al 3 marzo, la sera della sfida alla Juventus, non ci sarà bisogno di vere e proprie chiamate alle armi. Certo, i segnali non sono buoni: lo stadio vuoto in occasione del match con la Sampdoria è la testimonianza di un duello per il titolo che non appassiona i tifosi azzurri. Insomma, provvidenziale la fermezza di Koulibaly nel ribadire la necessità di non lasciarsi andare. D'altronde, ogni volta che interviene non è mai banale. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino