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Appartiene ai calciatori silenziosi che macinano e corrono, spezzano il gioco avversario e generano quello della propria squadra, senza clamore né grandi tocchi, e che sembrano usciti dai film di Frank Capra per come si spendono in generosità e si accontentano. Ecco, esistesse un album Panini che mette insieme la storia del cinema e quella del calcio: Diego Demme sarebbe un caprista, uscito direttamente dai film del regista italo-americano. Un calciatore generoso, defilato, un gregario da ciclismo, che si tiene alla larga dalle élite, ma che è il calcio. Demme è tutto quello che il progetto Superlega si perderà, sempre che trovi la strada per realizzarsi, e quindi Demme è il vero calcio, quello che spinge Tim Parks ad andare allo stadio e molti scrittori a scriverne, è quello che suda, lotta, sparisce, ma che poi a contare le sue partite e i suoi palloni ci si accorge che serve, e tanto. Perché è la fatica, il calcio sporco, nel mezzo, l'uomo confine, il medio e la mediana, che poi diventa squadra, e coltiva il sogno. Non è mai metafisico come può esserlo il campione perché non può permetterselo, non può lasciare il ruolo, perché il suo ruolo è il concetto centrale del gioco ed è anche l'essenza, lo sforzo di andare oltre se stessi, e la possibilità da piccolo di diventare grande in una partita, coltivando il sogno. Demme è l'elemento corporeo del calcio del Napoli di Gattuso, che diventa anche la metafora di questo tempo di mezzo, che vorrebbe essere altro, cambiare formula, avere solo giocatori eccelsi e perfetti, escludendo la normalità e la sua ambizione di farsi provvisoriamente eccezionalità. Poi i Demme salvano le sere, come succede con l'Inter, portano a casa un pareggio inatteso che sta pure stretto al Napoli, proprio perché figlio dell'allungo da parte di chi non ti aspetti, è il gregario che decide la corsa, come il centrocampista di fiato che segna la partita.
Demme è il muratore, senza il quale non c'è l'architettura, mentre la Superlega è il torneo delle archistar. È l'immersione totale a prescindere dallo sponsor e dal risultato, è l'improvviso dopo la costanza, una ipoteca sulla partita che porta altri nomi.
Il Mattino