Salernitana, la rivoluzione di Iervolino «Salvezza subito e poi un trofeo»

Salernitana, la rivoluzione di Iervolino «Salvezza subito e poi un trofeo»
«Sono il cinquantesimo presidente e non so quanto rimarrò, ma vorrò essere ricordato per quello che avrò fatto. Qualità e non quantità, la...

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«Sono il cinquantesimo presidente e non so quanto rimarrò, ma vorrò essere ricordato per quello che avrò fatto. Qualità e non quantità, la Salernitana diverrà un prototipo di cui proveranno a fare delle copie»: atterra così Danilo Iervolino sul pianeta granata. La firma sull'atto ieri all'ora di pranzo, poi la presentazione in conferenza. Due ore e mezza di idee, auspici, stoccate, programmi e proclami.

«Mi piacciono le sfide perché si possono anche perdere, ecco perché sono ancora più motivato», dice il neo presidente, che descrive il suo progetto come «complicato, ambizioso, trasparente, di medio-lungo termine. Vorrei dare la mia impronta anche nel calcio, cancellandone opacità e quel che c'è dietro anche in termini di tifoserie violente. Spero che quella granata possa gemellarsi con tutte le altre, magari anche con quella del Verona. La squadra dovrà rappresentare un hub di trasferimento dei sani valori dello sport, dovrà essere osmotica col territorio e racchiudere elevate professionalità». Si definisce «rivoluzionario e combattente, uno che argomenta» e dipinge la Salernitana che verrà, tutto d'un fiato: «Un laboratorio di medicina personalizzata per le performances degli atleti, una rivoluzione nel marketing fin qui poco sfruttato, il centro sportivo, una biglietteria dinamica con flussi premianti ai fedelissimi, tanta tecnologia e ogni sforzo per portare allo stadio le famiglie in totale sicurezza. Poi, uno sportello d'ascolto per i tifosi e un museo. Qualcosa che resti, perché la Salernitana è leggendaria». Iervolino si accomoda al briefing con la stampa dopo ore frenetiche. «Abbiamo fatto mezzanotte per completare l'atto», confessa.

Ad accoglierlo, nella sede di Caffè Motta, un centinaio di tifosi che hanno atteso al cancello, fino all'uscita. Per loro, un fugace saluto attraverso il finestrino. Il patron ha dialogato con lo sponsor e ringraziato i collaboratori, tra cui la responsabile della comunicazione, Mara Andria. Con l'avvocato Fimmanò e il commercialista Bifulco era stato da mezzogiorno a Scafati (l'altro consulente, Rino Sica, era collegato a distanza) dal notaio Coppa insieme ai trustee per l'autografo sull'atto di compravendita. Cappotto cammello, sciarpa granata e un omaggio del centro coordinamento, poi via verso Salerno. Il saluto in video del sindaco Napoli («Con lui ci incontreremo presto, vogliamo capire quanto investire progettualmente insieme») e giù con le emozioni, gli orizzonti. «Ho perso mio fratello qualche anno fa per un brutto male, mi piacerebbe dedicargli qualche trofeo. Intanto, proviamo a restare in A promette Iervolino I giocatori hanno bisogno di fiducia. L'essere vincente è uno stato d'animo e a Verona è successa una cosa incredibile. I bookmakers davano a 10 la vittoria, hanno fatto male i conti perché il gruppo è orgoglioso. Ci metterò sempre la faccia ma sono pur sempre un neofita: l'aspetto calcistico sarà tutto affidato al ds Sabatini e non mi vedrete interferire. Poi, giudicherò i risultati».

Il primo obiettivo è la salvezza: «Se si dovesse malauguratamente retrocedere per mezzo punto, allora riproveremmo insieme con il direttore, altrimenti vorrebbe dire che l'alchimia non ha funzionato. Tra tre anni vedo comunque la Salernitana in alto, la Serie A gli è cucita addosso. Mi auguro di non avere incidenti di percorso, ma se ce ne saranno chiedo fin d'ora pazienza. Sono fiducioso: Eisenhower diceva che il pessimismo non ha mai vinto una guerra». Iervolino ha costruito la sua fortuna nel mondo della formazione. Quella granata sarà importante per un settore giovanile all'altezza: «Miro all'Academy voglio investire sui giovani. Mi piace il modello statunitense, con i club linkati alle università».

C'è da scommettere che presto farà breccia anche in Lega A. Ieri non ha fatto in tempo a partecipare alla prima assemblea. «Mi sono già fatto sentire con Dal Pino e Gravina. Entro in punta di piedi, ma il sistema va rifondato. Bisogna ripensare a come si fa azienda, al fair play finanziario. Il cambiamento spaventa, soprattutto nel calcio: nessuno lo vuole realmente, perché si liberano nuove energie. Io credo nell'ascensore sociale e nella democratizzazione delle opportunità. Una squadra è industria che deve generare profitto ma ha anche una ricaduta sociale formidabile». Dà cuore ai messaggi, il massimo dirigente granata: «Se dovessi sbagliare sarei pronto a tornare sui miei passi e a fare meglio. I tifosi hanno bisogno di credere in qualcosa, il calcio è spettacolo ma entra anche nelle famiglie, nelle discussioni. Non è un'industria normale».



E la politica? «Salerno ha espresso campioni nel campo, mi riferisco anche ai De Luca. Ma il calcio è altro. Qui c'è un fare imprenditoriale che non chiede, né vuole nulla, va avanti con le sue gambe e giammai sfiorerà la politica». Conta solo il campo. A maggior ragione se il destino mette di fronte, una dietro l'altra, Lazio e Napoli: «Non si rinnegano i vecchi amori. Sono tifoso azzurro, nato nel mito di Maradona, ma la mia Palma Campania è più prossima a Salerno. L'ho frequentata tanto da giovane, vi ho fondato la mia azienda e ora ho trovato un nuovo amore. Sabato sarò allo stadio: con la Lazio sarà un pomeriggio per cuori forti, affrontiamo l'ex proprietario. Poi, il derby: mi auguro di vincerlo. A fine stagione Salernitana salva e scudetto al Napoli».
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Il Mattino