«Io sarto del Giro in 44 preparo le maglie rosa»

«Io sarto del Giro in 44 preparo le maglie rosa»
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Datemi ago e filo e salverò il mondo. E così capita che la miss che si trova con il vestito scucito prima di consegnare la maglia è salvata da un rammendo in zona Cesarini, oppure il leader della classifica generale dopo 200 km di freddo e pioggia sembra un figurino sul palco. Ago e filo per Claudio Castellano sono attrezzi della passione più che del mestiere. Dire che è il sarto del Giro d'Italia da vent'anni e riduttivo

Cosa fa un sarto al Giro d'Italia?
«Risolve tutto in poco meno di quaranta secondi».

Così preciso?
«Per la verità ce ne vogliono 44, 22 per lato, per imprimere il logo dello sponsor sulle quattro maglie dei leader del Giro. Le considero un po' come mie figlie».

Quindi prima di salire sul podio tutti da lei per essere vestiti?
«Assolutamente sì anche se ovviamente non sono io che faccio indossare materialmente la maglia. Ma sa quante miss sono ricorse ai miei aggiusti volanti? Oppure corridori che avevano bisogno di un rammendo?».

Come ha fatto a diventare il sarto del Giro?
«Tradizione di famiglia, mio padre Pasquale era il sarto di Moser nel 1984 e tanti altri personaggi celebri, tra i quali Walter Chiari. Io ho raccolto la sua eredità. Carmine Castellano, patron storico del Giro d'Italia, nostro omonimo, ci volle nello staff e da allora non abbiamo più lasciato. Quello con le maglie è un rapporto simbiotico. Abbiamo dato tanti consigli ai corridori, spesso ci presentiamo in albergo per parlare del tipo di maglia da indossare rispetto alla tappa. Se è una tappa di montagna di solito preparo una maglia a manica lunga e una a manica corta. Poi il body per le cronometro. Il camice per le premiazioni (la maglia rosa che vediamo sul palco ndr) deve essere indossabile quasi da chiunque...».

Tante tappe, tanti aneddoti...
«Come quella volta in cui la tappa con arrivo a Plan de Corones fu ridotta per problemi meteorologici. Io mi trovavo in cima mentre la corsa sarebbe arrivata diversi km più a valle. Fui scortato dalla Polizia ed arrivai appena in tempo per la premiazione. Non riuscii a far andare la pressa a temperatura ed usai il classico ferro da stiro».

Aneddoti di corridori?
«Mario Cipollini era il più attento sulle maglie. Voleva sempre dei materiali aerodinamici ed essere ben curato. Andavo in albergo per vedere che tipo di maglia voleva».

«Simoni e Savoldelli arrivarono divisi da meno un secondo e non si capiva chi dei due fosse in maglia rosa. Preparai entrambe le maglie in modo da non correre rischi».

Le tappe da leggenda?
«Lo Zoncolan mette a dura prova la tenuta nervosa dei corridori. Pendenze medie da paura ed una strada che diventa stadio con tantissimi tifosi assiepati. Ma tutti i nostri arrivi sono epici. Al Tour già una media montagna diventa Hors Categorie».

La salita di Posillipo?
«Mi sembra la salita del Poggio a Sanremo. Uno spettacolo che girerà il mondo e la tappa di Napoli sarà una apoteosi per la città».

Un poker per Verona?


«Carapaz in rosa, Valverde azzurra, Demare ciclamino, Bilbao bianca».
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Il Mattino