OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Esce prima delle sberle al Napoli, si tiene l’interno coscia, e si porta via il suo gol del vantaggio. Fabian Ruiz si distende come un’onda sulla partita col Sassuolo, domina, spezza, amministra, apre, illumina e segna. Impossibile chiedergli di più, dopo la partita con la Lazio e questa col Sassuolo, svetta nell’azione napoletana, dopo aver danzato col pallone. Un vagocampista che domina il gioco, generandolo. È il punto di appoggio per tutti, è quello che col pallone disegna gioco, e poi è tra i pochi centrocampisti a cercare il gol da fuori area e trovarlo.
Napoli, non basta giocare bene mezz'ora
I gol dei centrocampisti fanno la differenza – citofonare Roberto Mancini per sapere quanto gli manchino – infatti quando esce dal campo si apre un baratro, Lobotka si ritrova orfano della sua sponda di fiume, e il Napoli precipita in un baratro difensivista che viene castigato da falli non visti e da marcature mancate. Ci si consola guardando al gol di Ruiz, un sinistro zigzagante tra gambe e braccia, che nasce dalla precisione di Zielinski – che poi si supera nel passaggio per il gol successivo a Mertens – generato dallo scippo dell’attaccante belga, al portiere del Sassuolo, Andrea Consigli, rimane poco da fare.
È a cinque gol da fuori area, in un periodo in cui agli altri centrocampisti gli si è ristretta la porta. Ruiz è un agguato continuo, un centrocampista silenzioso che non ama il caos, porta geometria, ordine, disciplina, senza aria da divo, né affanni, è un tacet modus il suo, che aiuta anche a reggere il fiato, distillandosi, mentre prepara l’inganno successivo, mentre nasconde il pallone facendo la porta girevole o mentre regala spazi alla squadra che sale. È anche capace di fare un lavoro sporco o di assentarsi scomparendo a centrocampo, ma per riappare con schegge di divino che fanno pensare a un dominio naturale, con una espressività assoluta che viene raggiunga senza grandi sforzi. Non ha ancora toccato il massimo della sua forza e spesso mostra una debolezza psicologica, in uno stacco al ribasso rispetto alla sua tecnica e alle sue potenzialità fisiche.
Quando c’è da mettere l’elmetto e ripiegare viene meno, quasi che sentisse quella azione innaturale, lontana dalla sua filosofia, ma col tempo troverà il trucco per riuscire a compiere anche quell’atto con disinvoltura. Il resto è scioltezza, egemonia e spunti gotici, tagli acutissimi che generano verticalizzazioni assolute – almeno quando c’era Osimhen – che ora dovrà spostare da dritte a diagonali, o accorciarle, sghembizzarle, in attesa del ritorno dell’attaccante nigeriano. La sua mezza partita contro il Sassuolo è stata zeppa di pregi e manovre, con l’aggiunta della licenza del gol che ha sbloccato il risultato e sembrava aver lanciato il Napoli verso la vittoria. Poi è uscito addolorato e zoppicante, seguito anche da Koulibaly e la squadra di Spalletti è precipitata nell’inesploso, subendo gol e gioco. Ma resta la prestazione di Fabian Ruiz, restano i suoi tocchi, i suoi incroci, la sua regia. E la certezza, crescente, di avere un euclideo che s’avventura tra gli spazi.
Leggi l'articolo completo su
Il Mattino