Non sappiamo se Carlo Ancelotti abbia letto Zygmunt Bauman, quello che sappiamo è che lo ha recepito, lo applica e trasmette, persino a quelli come Lorenzo Insigne,...
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Niente come questo calcio racconta meglio la città che sta intorno al Napoli ancelottiano, niente come la giostra di posizioni e moduli riflette meglio l'anima della città. Per una allegra coincidenza, lo straniero nonché marziano Carlo Ancelotti è già più decrescenziano dell'ambientato e rimpianto Maurizio Sarri. Nell'alternarsi di ruolo sulla panchina tutti hanno pensato alla perdita delle certezze e non alla bellezza di ritrovarne altre attraverso lo smarrimento, la messa in discussione dei cardini sarriani ha generato isterismi e contestazioni, ma non è forse questo il gioco ineluttabile della vita? Il battere e levare, costruire e distruggere, cercando di divertirsi. In fondo come diceva il vecchio Bauman: «L'amore liquido è proprio questo: un amore diviso tra il desiderio di emozioni e la paura del legame». O per i più colti potremmo citare Ulrich Beck, e la sua società del rischio, elencando tutti quelli presi da Ancelotti per ogni formazione differente, a cominciare da quella contro la Sampdoria che era il vero grande prezzo da pagare contro un pan-sarrista come Marco Giampaolo con la messa in discussione del mammasantissima José Maria Callejon, diventato l'equivalente del Vesuvio nei selfie dei turisti a Napoli.
Preso il rischio più grande, persa la partita meno importante, trasmesso il cambiamento, minata la solidità, aperto il dibattito, è cominciata la stagione di Ancelotti: meno possesso palla e più verticalizzazioni, meno perdita di tempo e più azioni gol, tanto che l'avvio del Napoli contro il Torino ha trasformato Mazzarri e la sua squadra in Nino Benvenuti dopo gli incontri con Monzon, non vedevano l'ora che finisse. E su tutto la forza di escludere a turno: Insigne, Mertens, Milik, Hamsik e ovvio Callejon, ruotando difese e supporti di centrocampo, e persino Ospina per fargli capire che non esistono visioni deterministiche, ma solo dubbi, ed esercitando dubbi che si sta arrivando al vero Napoli Totale. Ancelotti rende più complesso il discorso di Sarri, scompiglia le certezze che gli altri avevano sul Napoli basta guardare alla dispersione intelligente di Simone Verdi per capire una parte di questo discorso , sottraendosi all'afferrabilità, come anche al dramma del tecnico enunciato da Marcello Marchesi «Capire un tubo, e non capire altro», per poi perdere gli scudetti in albergo. Il pensiero forte, la radicalizzazione di questo, è un errore, lo dice anche Bauman, che no, non allenava, ma capiva il mondo, e per questo Ancelotti sceglie di sporcarsi, di contraddirsi, di mischiare carte e ruoli, titolari e non: «Il prezzo da pagare per una maggiore sicurezza è una minore libertà e il prezzo di una maggiore libertà è una minore sicurezza», qualche gol lo si prende, ma forse si segnerà di più e si porterà a casa pure alcuni trofei. O forse no, ma intanto Napoli non solo sentirà finalmente scorrere il flusso di una modernità che conosce e applica da tempo, ma la vedrà rappresentata in campionato e Champions League, e forse a fare due conti potrà ritrovare più che in passato un autentico specchio dell'esistenza che affronta nei giorni senza partite.
Ancelotti punta a stabilire che non può esistere una formazione, ma dei principi applicabili con e da tutti, e facendo a pezzi i fondamenti sarriani si impossessa della squadra e va oltre, non avrebbe avuto senso che li perseguisse, non avrebbe avuto senso che se ne facesse imitazione, no, ha scelto di essere autentico, avendone forza e linguaggio, ha scelto di stupire e stupirsi, altrimenti perché venire quaggiù? È venuto a tentare, e tentando ha rotto, rompe e romperà la routine che tanto piace a Napoli. Creando la possibilità delle seconde scelte, uscendo dal tempo della squadra esclusiva. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino