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Da Facebook arriva lo stop alla misura che ha garantito finora ai politici una "protezione" delle regole contro il linguaggio d'odio della piattaforma. Lo aveva anticipato ieri il «Washington Post» ricordando che, dalle elezioni presidenziali Usa del 2016, il colosso di Zuckerberg per valutare un post di un politico ha fatto un bilancio tra la «notiziabilità» del contenuto e la potenzialità di provocare danno. Da ieri però, secondo quanto anticipato da fonti di Facebook al Post, il valore giornalistico del contenuto non sarà più un fattore per proteggere eventuali interventi politici veicolanti messaggi d'odio. La decisione fa parte di una serie di misure che Facebook adotterà in risposta alle raccomandazioni dell'Oversight Board, l'organismo di controllo indipendente della piattaforma che nelle scorse settimane si è dovuto esprimere sulla possibilità di riattivare l'account di Donald Trump sospeso dall'assalto al Congresso da parte dei suoi sostenitori il 6 gennaio scorso. Dopo quattro mesi di deliberazioni, il Board, definito anche «la Corte Suprema di Facebook», ha confermato il bando per l'ex presidente, affermando però che non può intendersi in modo permanente e tra sei mesi Facebook dovrà valutare di nuovo se riammetterlo.
Inoltre, il Board raccomandava di adottare una politica più «chiara e trasparente» riguardo a questo tipo di interventi, intervenendo, tra l'altro, sulla clausola della «notiziabilità».
Il Mattino