Lui, il professor Alessandro Strumia, brillante accademico pisano dai natali illustri (il padre è professore nella medesima università) sostiene di aver fatto una...
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Strumia ha un curriculum di tutto rispetto: professore associato a Pisa, ricercatore all'Istituto nazionale di fisica nucleare e vincitore di una prestigiosa borsa Erc - la più importante concessa in Europa - che aveva deciso di usare al Cern. Chi lo conosce dice che è un buon ricercatore «amante delle provocazioni». Le slide presentate a Ginevra, però, si spingono ben al di là della battuta. L'intera argomentazione si basa sull'analisi del numero di citazioni nelle pubblicazioni accademiche ricevute dai ricercatori o dalle ricercatrici. Un indice che è sempre più spesso usato nelle valutazioni di carriera all'interno delle università, specie italiane, ma che non è affatto l'unico criterio di valutazione. Alla domanda del perché ci siano meno ricercatrici donne in materie scientifiche (e conseguentemente meno citazioni), Strumia risponde, sulla base dello studio di un ricercatore che ha avuto moltissime citazioni, che «gli uomini preferiscono lavorare con le cose, mentre le donne preferiscono lavorare con le persone» e che questo si osserva anche «nei bambini prima delle influenze della società» o che «ci sono differenze anche nelle scimmie». Se alcune donne vengono promosse in ambito accademico pur avendo meno citazioni - come sarebbe accaduto proprio a lui, si legge in una slide - il motivo è che «dopo il 1989 alcuni politici hanno promosso la vittimocrazia». Insomma, quanto basta per finire sotto una tripla valutazione disciplinare. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino