Quest'estate la ricorderemo per gli allarmi ambientalistici. Il dito puntato è sull'uomo e la sua incapacità di trovare un equilibrio tra natura e...
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Tanti gli studi sull'argomento, e sicuramente quello più ampio è «Mediterranean Unesco World Heritage at risk from coastal flooding and erosion due to sea-level rise» che tradotto significa «Patrimonio mondiale dell'Unesco nel Mediterraneo a rischio di inondazioni costiere ed erosione dovute all'innalzamento del livello del mare». Pubblicato su «Nature Communications» dedicata ai dossier della prestigiosa rivista scientifica, il lavoro è stato gestito da Lena Reimann dell'Università tedesca di Kiel in partnership con università inglesi. Quello che è emerso è assai preoccupante: quasi tutti i siti patrimonio dell'umanità che si affacciano sul Mediterraneo sono già a rischio inondazione, ma a causa dell'innalzamento del mare questo rischio aumenterà del 50 per cento nel 2100. In Italia sono tredici i siti ad alto rischio, ovvero Venezia, l'area archeologica di Aquileia, Ferrara e delta del Po e poi, con rischio medio e innalzamento teorizzato tra 1.6-1.8 metri, anche aree inattese come il centro storico di Napoli, costiera amalfitana, Paestum, Velia e gran parte del Cilento, Pompei, Ercolano e Torre Annunziata.
Secondo il lavoro commissionato dall'Unesco, i siti costieri del Mediterraneo classificati come patrimonio dell'umanità sono quindi a rischio di catastrofiche inondazioni a causa dell'aumento del livello marino dovuto al riscaldamento globale. Dei 49 siti costieri mediterranei che non si trovano in una posizione sopraelevata, già ora ben 37 sono a rischio di un'alluvione «centennale», ossia di un evento estremo che tipicamente si verifica ogni cento anni, ma che entro il 2100 potrebbero ridursi a 40 anni. Il maggior numero di questi siti è purtroppo in Italia (13), seguita da Croazia e Grecia. Per arrivare a queste conclusioni gli scienziati hanno sviluppato una serie di simulazioni sulla base dei dati storici relativi agli eventi alluvionali del passato (prima del 2000) e ai fenomeni di elevata erosione costiera legati a eventi eccezionali e delle previsioni di innalzamento del livello del mare, che può rendere quegli eventi ancora più distruttivi. I ricercatori hanno quindi elaborato un indice di rischio che tiene conto dell'estensione dell'area inondata e dell'altezza dell'inondazione.
Sul tema innalzamento del mare e cambiamenti climatici potremmo saperne di più al prossimo congresso nazionale congiunto di Società Italiana di Mineralogia e Petrologia, Società Geologica Italiana e Società Geochimica Italiana che si terrà all'Università di Parma dal 16 al 19 settembre prossimi. Una sessione dedicata ai rischi naturali affronta il problema della prevedibilità dei rischi geologici e delle loro conseguenze nel contesto dei cambiamenti ambientali, climatici e economici. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino