OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Sto per iniziare a scrivere questo pezzo, ma prima di selezionare “nuovo” sotto la voce “file” del mio programma di scrittura, siccome sto ancora usando Google Chrome decido di contare tutte le finestre che ho aperto e confessare pubblicamente: sono trentasei. Trentasei finestre aperte in Google Chrome? Aspetta, provo a ricontare. Sono trentasei. Mio fratello, che per vent’anni ha fatto il programmatore informatico, mi chiamava con spregio “l’utente medio” ogni volta che mi vedeva relazionarmi con un apparecchio elettronico per l’elaborazione dei dati. Io sorridevo, un po’ perché mio fratello mi è simpatico, un po’ perché non avrei saputo come difendermi. Quando veniva a trovarmi e gli chiedevo di dare un’occhiata al computer, prima di installarvi dei firewall (da cui era semplice desumere che sulla politica di accoglienza la pensiamo in modo opposto, e che ho regolarmente disinstallato di nascosto), per prima cosa diceva, muovendo la testa nervosamente da destra a sinistra: «Ma quante finestre hai aperto?». A distanza di anni, è la stessa cosa che mi chiede il mio ragazzo quando lo raggiungo, lui seduto a leggere un libro nella sua poltrona preferita, che è anche l’unica, e gli piazzo in grembo il mio portatile chiedendogli di risolvermi un problema che va dal ritrovamento di una password (quelle sì che: ma quante sono?) al cambiare il colore dello sfondo. «Posso chiudere qualche finestra?». Non ti azzardare proprio, rispondo io. E lui scuote la testa, divertito, e dice che ho una forma mentis analogica.
ELABORATORE
Sì, uso il computer come il mio tavolo da lavoro, e se sul mio tavolo da lavoro possono esserci dieci libri aperti con decine di post-it su pagine diverse non vedo perché l’apparecchio elettronico per l’elaborazione dei dati non possa sobbarcarsi la stessa organizzazione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Leggi l'articolo completo suIl Mattino