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Diciassette piattaforme e due motori di ricerca. L’Europa fa sul serio e, in applicazione del suo nuovo regolamento sui servizi digitali (il Digital Services Act, Dsa), chiama a rapporto le Big Tech. Nella lista resa nota ieri dalla Commissione Ue ci sono tutti i possibili indiziati: Google e Amazon, Instagram e TikTok, Twitter e Wikipedia, YouTube e Facebook, Booking e Apple.
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In ragione del numero elevato di utenti attivi ogni mese, almeno 45 milioni ciascuna, le major dell’online rientrano nella categoria di operatori “molto grandi” prevista dal Dsa. In quanto tali, per loro scatterà tra 4 mesi esatti, dal 25 agosto, la sorveglianza delle autorità Ue, un lotto aggiuntivo di obblighi creati dal Digital Services Act per i principali attori della Rete. Completano l’elenco LinkedIn, Snapchat, Pinterest, Bing, Alibaba e vari servizi in capo a Google (Maps, Shopping, Play).
LE REGOLE
È la via europea alla regolamentazione dell’universo digitale, una prima mondiale, destinata a fare scuola. «Da grandi dimensioni derivano grandi responsabilità»: Thierry Breton, il commissario Ue al Mercato interno e al digitale, si è affidato alla parafrasi del motto di Spiderman per spiegare il cambio di passo innescato da Bruxelles.
LE SANZIONI
Per chi violerà le regole, sanzioni fino al 6% del fatturato annuo dell’azienda e, in caso di recidiva, il divieto di operare sul territorio europeo. Quanto ai poteri di sorveglianza, la Commissione sarà competente per vigilare sulle 19 entità designate, ma lavorerà - spiega l’esecutivo Ue - a stretto contatto con le autorità nazionali, responsabili del controllo delle piattaforme e dei motori di ricerca di dimensioni più ridotte, che ogni Stato Ue dovrà istituire entro metà febbraio prossimo. Breton ha annunciato anche degli “stress test” per verificare il livello di preparazione delle Big Tech in vista della scadenza di agosto: il primo a fine giugno, nel quartier generale di Twitter a San Francisco, su invito di Elon Musk, ma contatti sono in corso anche con TikTok. Il Dsa non è che uno dei due pilastri su cui si basa la legislazione digitale Ue. Il secondo è il Digital Markets Act (Dma), anch’esso entrato in vigore nei mesi scorsi e che contrasta le pratiche di mercato sleali, l’abuso di posizione dominante e le distorsioni della concorrenza ad opera dei giganti dell’online in grado di tagliare fuori i competitor.
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Il Mattino