Giravolta britannica nei rapporti con il gigante cinese delle telecomunicazioni Huawei, escluso - sebbene a scadenza dilazionata - dalle forniture per la futura rete 5G nel Regno...
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Huawei annuncia risultati finanziari primo semestre 2020
Stretta di Johnson su Huawei: pronto al bando dal 5G in UK
Huawei, Boris Johnson ci ripensa: pronto a eliminare la tecnologia del colosso cinese dalla rete 5G
Il ripensamento, anticipato dai media, è stato formalizzato in una riunione del consiglio di sicurezza nazionale presieduta dal premier Boris Johnson. Per poi essere illustrato alla Camera dei Comuni da Oliver Dowden, titolare del ministero della Cultura, del Digitale, dei Media e dello Sport. Dowden ha spiegato che Huawei - a cui nei mesi scorsi era stato dato il via libera a dispetto delle pressioni Usa, per quanto limitato al 35% del totale del mercato e con il bando da alcune parti più sensibili del progetto - non potrà fornire alcuna nuova componente dal 31 dicembre 2020. Mentre le parti già piazzate nel Regno dovranno essere rimosse «entro il 2027». «Non è stata una decisione facile, ma era quella giusta da prendere», ha detto Dowden a Westminster invocando alla base della svolta le raccomandazioni aggiornate dell'intelligence di Sua Maestà: chiamate a rivedere la questione in seguito alle sanzioni aggiuntive imposte dall'alleato americano all'azienda asiatica sui semiconduttori.
«Abbiamo sempre valutato Huawei come un fornitore ad alto rischio», ha puntualizzato, «e siamo stati chiari dal principio che il National Cyber Security Centre avrebbe riesaminato» le cose «se necessario». Spiegazioni che Huawei ha respinto come «deludenti», in una nota a caldo dai toni tuttavia misurati data la scelta britannica di rinviare al 2027 la rottura definitiva sul 5G (un arco di tempo sufficiente a modificare eventualmente il quadro geopolitico) e di non toccare, forse anche per non rischiare di creare disservizi a milioni di utenti, il ruolo (preminente Oltremanica) affidato al colosso cinese delle reti 3G e 4G attualmente operative nel Paese. Cautele criticate al contrario dal drappello di circa 60 deputati della lobby dei falchi filo-neocon della maggioranza Tory - capeggiati dall'ex leader Iain Duncan Smith - che avrebbero preteso un taglio più netto e ravvicinato dal dragone. La holding non ha mancato d'altronde di denunciare il passo indietro di Downing Street come frutto avvelenato di una vicenda «politicizzata» dalla «guerra commerciale» lanciata dall'amministrazione di Donald Trump contro Pechino, destinato a far arretrare tecnologicamente l'isola. Non senza negare ancora una volta d'essere un pericolo per la sicurezza dell'occidente, né sollecitare apertamente altri Paesi, Italia inclusa, a guardarsi dal seguire l'esempio di BoJo. E a privilegiare piuttosto «la libera concorrenza».
Per Londra non resta ora che attendere le ritorsioni di Pechino (temute soprattutto a livello commerciale in tempi di Brexit, dopo i grandi affari che non più di 5 anni fa avevano fatto evocare all'allora premier David Cameron «un'età dell'oro» nelle relazioni bilaterali).
Il Mattino