Non è chiusa l’inchiesta sulla morte di Peter Stanco, il ragazzo di 16 anni, di origini russe e adottato da una famiglia del posto, che si è tolto la vita una settimana fa con un colpo di pistola nel giardino di casa a Gesualdo, uno dei comuni dell’Irpinia. La Procura di Avellino procede contro ignoti e mantiene aperto un fascicolo con l’ipotesi di reato di istigazione o induzione al suicidio. I misteri di questa storia sono due. Innanzitutto il motivo del suicidio: avanza l’ipotesi dell’istigazione legata alla degenerazione di un gioco di ruolo on line, sulla scia del noto Blue Whale, in voga in Russia negli anni scorsi. Poi non è chiaro come si sia impossessato della pistola di ordinanza, regolarmente detenuta dalla madre: era custodita in una cassaforte. In sostanza la Procura ritiene che, come dai momenti successivi al drammatico evento si era sospettato, ci possa essere stato qualche episodio che abbia spinto Peter al gesto. Un evento che potrebbe trovare traccia nei telefonini e nel pc del giovane o della sua famiglia che sono stati posti sotto sequestro.
Un’ipotesi di induzione al suicidio dovrebbe essere corroborata dal riscontro di messaggi o episodi che stanno vagliano il comando provinciale di Avellino dei carabinieri, con la stazione di Gesualdo e la compagnia di Mirabella Eclano. Gli esperti informatici sono al lavoro e una perizia è stata richiesta dal magistrato. Anche i compagni di scuola di Peter e i docenti del liceo Aeclanum di Mirabella, che il giovane frequentava, i compagni della scuola calcio, sono di riferimento agli inquirenti alla ricerca di un benché minimo appiglio all’ipotesi di reato su cui si indaga.
Il gesto estremo, al momento, appare comunque ancora inspiegabile, anche perché l’arma utilizzata dal giovane era custodita dalla madre in una cassaforte chiusa a chiave», fanno sapere gli avvocati Maria Laura Mustone, Andrea Petruzzo e Carlo Mustone che assistono la famiglia. I legali confermano che al momento non sono state avviate indagini a carico dei genitori del ragazzo da parte della Procura della Repubblica di Avellino. Al di là delle attività di sequestro di computer e armi in casa con i conseguenti atti giudiziari a carico della famiglia, ovviamente gli inquirenti cercano altrove i responsabili del reato ipotizzato. Non si procede invece per omessa custodia delle armi. In casa oltre alla pistola della madre del giovane c’erano fucili da caccia posseduti legalmente e regolarmente denunciati dal padre. «I familiari - aggiungono i legali - si augurano che nel più breve tempo possano essere individuate le ragioni che hanno indotto il ragazzo a compiere tale gesto e ringraziano l’Arma dei Carabinieri, nella quale confidano per trovare una risposta al dramma che li ha colpiti, per la competenza con cui ha svolto l’indagine».