Aldo Balestra
Diritto & Rovescio
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Sisma, c'è chi torna perché
(ora) conosce la storia

Due ragazzini nel Parco della Memoria per le vittime del sisma '90, inaugurato a Sant'Angelo dei Lombardi il 23 novembre 2020
Due ragazzini nel Parco della Memoria per le vittime del sisma '90, inaugurato a Sant'Angelo dei Lombardi il 23 novembre 2020
di Aldo Balestra
Lunedì 23 Novembre 2020, 19:03 - Ultimo agg. 24 Novembre, 00:24
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Sisma: alle 19.34 l'Irpinia ricorda le quasi 3mila vittime (Ansa, 23 novembre 2020, ore 13.11)
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Nel tiepido lunedì di novembre in cui sono trascorsi 40 anni dal sisma del 1980, e ci hanno accompagnato l'abbondanza dei ricordi e delle analisi su ricostruzione e sviluppo, ho pensato insistentemente a due persone.

Una è mio amico. Ha 42 anni, non vive più in provincia di Avellino dove è nato, esercita al Nord una brillante professione. Molto affermato. Ne ho seguito a distanza – per conoscenza familiare - la vita: la sua crescita, la bella carriera scolastica prima e universitaria poi,  l'immediata realizzazione lavorativa in un posto di prestigio, le tappe di specializzazione all'estero prima di tornare in Italia e stabilirsi al Nord. Si è sposato. Ha un figlioletto. Circa un anno fa, nelle nostre chiacchierate al telefono, mi raccontò che gli era capitata in mano una pubblicazione sul terremoto dell'Irpinia, ritrovata nella casa dei genitori che aveva svuotato.

Mi disse che aveva iniziato a leggerla con interesse, me ne chiese delle altre che, alcuni mesi fa, mi sono premurato di procurargli. Non prima di avergli chiesto perché. Mi rispose con molta sincerità: “Finora il terremoto non mi aveva mai interessato”. Il mio amico aveva due anni, all'epoca del sisma, e ovviamente non ne ha nessun ricordo. La sua casa non ebbe danni, abitava in una zona risparmiata dal serpente che correva sotto terra e seminava morte, rovina, disperazione, cambiando il corso della storia, in quella che giustamente il presidente Mattarella ha ricordato, sul Mattino di ieri, essere «la più grande tragedia della storia repubblicana italiana». Il mio amico, come tanti dei territori campani e lucani, ha sempre camminato fianco a fianco al terremoto. Senza accorgersene, pensava. In realtà, ciò che è stato 40 anni fa con quella scossa di 90 secondi ha fortemente condizionato le sue scelte, la sua esistenza, la sua vita, quello che è oggi.

Una settimana fa il mio amico mi ha chiamato: «Sai - mi ha detto – nel 2021 torno giù, ad Avellino. Inizio a lavorare lì. E' tutto deciso». Gli ho chiesto perché, mi ha spiegato che da quando ha studiato cosa sono stati il terremoto, la ricostruzione, le virtù e le storture del processo di sviluppo, gli è montata dentro la voglia di tornare. Inarrestabile. Di riappropriarsi del «posto che mi compete», ha detto testualmente. Non ho avuto il coraggio di chiedergli chi glielo facesse fare, gli ho risposto che l'aspetto, mi racconterà e ne parleremo. Non gli ho detto che rispolverando in questi giorni storia e dati del terremoto, analizzando le cifre della grande emigrazione che solo nell'ultimo anno ha fatto perdere alla provincia di Avellino la popolazione di un paese intero, il mio primo pensiero è stato che si trattasse di una scelta avventata.

Poi, passando i giorni, fino a questo odierno del quarantennale, è maturata un'altra valutazione: oltre ad essere scelta coraggiosa, della quale mi auguro non abbia a pentirsi per il destino suo e della famiglia, mi è sembrata comunque una decisione frutto della conoscenza.

Ha scelto dopo aver studiato, ricostruito, compreso, in una parola dopo essersi istruito. I disfattisti diranno che, allora, il mio amico non ha capito nulla. Io non credo: ha capito e ci sta provando, merita per dunque rispetto. Per questo ne saluto il ritorno in Irpinia come di chi non ha timori, e a 42 anni, pur avendo raggiunto serenità, successo, stabilità economica altrove, accetta di rimettersi in gioco. Non so come andrà a finire, ma intanto sono di fronte a chi ha deciso, e agito, in nome di una valutazione approfondita. Di uno studio. Di una conoscenza e valutazione di ciò che è stato. E se vogliamo di una speranza, in un panorama - da queste parti - di stanchezza accumulata e di incapacità progettuale.

Finisco qui. Il secondo personaggio che mi ha accompagnato, nel ricordo, durante questa giornata è il mio professore di storia al Liceo. Non c'è più, purtroppo. «Studiate la storia sempre», ripeteva. «Ne va della vostra vita, qualsiasi evento vi accadrà ne sarete consapevoli. Ma non lasciate che la storia decida per voi senza che nemmeno ve ne rendiate conto».

E' il 23 novembre di un 2020 che ci sconvolge, ora che abbiamo a che fare con il virus. E quaranta anni fa accadde qualcosa di altamente drammatico, che è stato in grado di cambiare il corso della storia di una parte d'Italia, il Mezzogiorno. Quella che prova ad osare, come il mio amico. E penso a quell'altra ampia parte di Sud che non ha nemmeno il "diritto" di stancarsi di sopportare. Pur sapendo cosa sia stato il sisma, per averlo vissuto senza aver avuto bisogno di studiarlo, e pur avendo desiderio di osare, non ha avuto mai la possibilità e la forza di farlo.
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«L'uomo [...] non è del tutto colpevole, poiché non ha cominciato la storia: né del tutto innocente, poiché la continua» (Albert Camus, L'uomo in rivolta)

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