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Sabato 9 Agosto 2014, 13:27 - Ultimo agg. 19 Marzo, 09:29
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Doveva succedere, è successo: siamo arrivati all’articolo del fan. Gianrico Carofiglio recensito da Gianluca Mercuri per il Corriere della Sera per “Una mutevole verità” (Einaudi Stile libero). È tale l’entusiasmo e così forti le espressioni (del fan), che il risultato è disastroso, molto meglio comprare uno spazio pubblicitario. È tale la voglia di convincere il lettore quanto debole è la lingua di chi ci prova. Sembra davvero un pezzo pilota per un nuovo modo di battere cultura. Il risultato è un Roberto da Crema scritto, che urla disperato in favore della sua merce, con aggettivi sballati, esempi ridicoli, e un elogio di Carofiglio che va oltre l’agiografia, come se fosse Simenon (usato tutte le volte che uno scrittore riesce a pubblicare più di due libri nello stesso anno). Il problema non è Mercuri ma chi lo ha generato, la cultura di cui è figlio, la sua a-criticità rispetto a un libro povero di lingua e storia che scimmiotta Soldati, tira in ballo Fenoglio e si piazza in classifica. Tanto che le due letture (libro e recensione) diventano una partita a tennis senza pallina. 
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